16 Food&Beverage | novembre 2020 All’inizio del nuovo anno accademico è stata intitolata al prof. Aureliano Amati la nuova aula universitaria del Polo di Tebano (Ra), sededi TerreNaldi, società interamentepartecipata dal Comune di Faenza che gestisce la cantina vinicola del centro, mentre l’insegnamento accademico è in carico al Dipartimento di Scienze e Tecnologie alimentari dell’Università di Bologna, di cui il professore è stato a lungo presidente del Corso di laurea in Viticoltura ed Enologia. “Sul territorio faentino, il Polo di Tebano rappresenta un punto di riferimento importante per lo sviluppo dell’agricoltura e della vitivinicoltura, dalla ricerca alla produzione -ha detto Gianni Carapia, Amministratore delegato di Terre Naldi- E la presenza del corso di laurea in Vitivinicoltura ed Enologia dell’Università di Bologna, coordinato oggi dal professor Andrea Versari, è un elemento strategico”. Il professor Amati (scomparso nel 2017) ha iniziato la carriera universitaria nei primi anni Settanta all’Istituto di Industrie Agrarie dell’Università di Bologna, ed è proprio a Tebano che in quegli anni ha dato impulso alla fondazione del Centro Sperimentale Vitivinicolo (Esave), di fatto il primo centro di trasferimento tecnologico della filiera agroalimentare, dove le ricerche sono state trasferite al mondo della produzione. Un antesignano di ciò che ancora oggi avviene con il contagocce: con il suo teamdi giovani ricercatori (che nel tempo sono diventati docenti in diverse Università italiane, da Claudio Riponi a Roberto Zironi, da Sergio Galassi al compianto Roberto Ferrarini) aveva reso concreto ciò che dovrebbe essere uno degli obiettivi delle Università, in ogni campo: il trasferimento della ricerca e delle sperimentazioni alle aziende perché la produzione ne tragga innovazione e vantaggio. “L’enologia italiana deve moltissimo all’opera intensa che questo ricercatore caparbio hadedicatoalla sperimentazione e cheha impresso un profondo cambiamento alla tecnica enologica -ha commentato il prof. Claudio Riponi, già docente del Corso di laurea in Viticoltura ed Enologia all’Università di Bologna- Oggi si dà per scontato pensare al controllo termico, all’uso ragionato dei molti coadiuvanti, alla scelta delle opportune linee di vinificazione, all’impiego dell’acciaio inox, ma in quegli anni non era così. Era necessaria una visione innovativa, che doveva basarsi prima sulla ricerca di base e poi sull’applicazione a livello produttivo”. Per far questo alcune aziende più lungimiranti hanno reso disponibili vigneto e cantina per l’applicazione delle sperimentazioni. “Noi dobbiamo fare un servizio alle imprese, dobbiamo risolvere i problemi delle imprese, ribadiva Amati -ha ricordato il prof. Roberto Zironi, ordinariodi Enologia all’Università di Udine- Oggi ne parlano tutti, noi lo facevamo negli anni ’70, ’80: quanti problemi abbiamo risolto alle imprese! E quanta innovazione abbiamo portato nelle aziende. Oggi conosciamo il valore dellameccanica enologica italiana nel mondo e parecchie decine di milioni di quel fatturato sono il risultato delle ricerche fatte qui”. Negli anni successivi, dopo aver svolto la sua attività all’Università di Udine e al Politecnico di Ancona come Preside della Facoltà di Agraria, tornando a Bologna, nella sede di Cesena, il prof. Amati ha dato il via (primo in Italia) al Diploma universitario e all’attuale Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia. “Era un grandemaestro, una persona generosa, un sognatore -ha aggiunto Zironi- Amava insegnare e formare, il ruolo di docente gli si addiceva e ha spronato i giovani enologi a fare esperienze in giro per l’Italia, in aziende grandi e piccole di cui oggi sono diventati le colonne portanti”. Il docente della cattedra di Enologia dell’ateneo bolognese, scomparso nel marzo 2017, è stato un pioniere del trasferimento tecnologico alle imprese Un’aula universitaria dedicata ad Aureliano Amati Barbara Amati MAESTRI
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