N°132 Novembre

3 Food&Beverage | novembre 2020 EDITORIALE Barbara Amati amati@foodandbev.it i Che la fiammella resti accesa La foto probabilmente l’avrete vista in molti. Un uomo seduto, anzi, abbandonato su una sedia, l’aria sconsolata e la mascherina agganciata all’orecchio. Guarda per terra. È l’immagine della disperazione di chi ha appena saputo che dovrà chiudere alla 18. Ancora, dopo i mesi di lockdown, un’altra pesantissima tegola. Giuseppe Tonon, titolare del ristorante gelateriaCa’ Lozziodi Oderzo, provincia di Treviso, per tutti Beppo, dice che “questa è la mazzata finale”. Di Beppo oggi è piena l’Italia, professionisti che hanno adeguato i loro locali, rispettato le regole, e si trovano di fronte a nuove norme delle quali si fa fatica capire la ratio . Il governo, e questo sembra chiaro anche a noi, stavolta non vuole chiudere tutto, preferisce fare girare i motori al minimo e salvare il salvabile dell’economia. Ma non si capisce perché se i ristoranti sono un luogo di contagio allora ci si possa contagiare a pranzo o fino alle 18 e non la sera. Magari si poteva imporre qualche altra norma più restrittiva, ma non colpire ancora un settore che, come altri aveva già pagato un prezzo durissimo durante i mesi precedenti. C’è dolore, ma anche tanta rabbia. E lo dimostrano i ristoratori scesi in piazza a Milano e in altre città e la reazione della Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) che li rappresenta: “Le misure annunciate dal governo costeranno altri 2,7 miliardi di euro alle imprese della ristorazione: se non accompagnate da contemporanee e proporzionate compensazioni economiche, sarebbero il colpo di grazia per i pubblici esercizi, che già sono in una situazione di profonda crisi, con conseguenze economiche e sociali gravissime. I ripetuti annunci di chiusure anticipate hanno già prodotto la desertificazione dei locali e, indipendentemente dalle novità sugli orari effettivi di apertura, le restrizioni devono essere accompagnate da provvedimenti in termini di indennizzi a fondo perduto, crediti d’imposta per le locazioni commerciali e gli affitti d’azienda, nuove moratorie fiscali e creditizie, il prolungamento degli ammortizzatori sociali e altri provvedimenti di sostegno a valere sulla tassazione locale”. Gli imprenditori del settore si stanno dimostrando persone responsabili, che rispettano rigorosamente i protocolli sanitari loro imposti, ma che non possono reggere ulteriormente una situazione che decreterebbe la condanna a morte per migliaia di imprese. È una scelta disastrosa, la disperazione e la rabbia stanno crescendo oltre il livello di guardia. “Chiediamo -auspica la Federazione- di poter continuare a lavorare per non morire e per questo servono, senza ritardo o inutili annunci, le misure promesse”. “Io credo che oggi un ristorante, in Italia, valga una bottega rinascimentale: facciamo cultura, siamo ambasciatori dell’agricoltura, siamo il motore del turismo gastronomico -è l’appello dello chef tristellato Massimo Bottura dell’ Osteria Francescana di Modena al presidente del Consiglio Conte- L’ospitalità, la ristorazione, l’arte e l’architettura, il design sono gli assi portanti della nostra identità. Serve un segnale che riporti fiducia... Ora abbiamo bisogno di coraggio e di stimoli”. Da qui le richieste di chiusura serale almeno alle 23, di liquidità in parametro ai fatturati, della cassa integrazione almeno fino alla stabilizzazione del turismo europeo, della decontribuzione anche per il 2021, dell’abbassamento dell’aliquota Iva al 4% per il prossimo anno. Difficile aggiungere altro. Non è il momento di lanciare appelli all’ottimismo o spacciare speranze. Anche perché ogni giorno la situazione si aggrava. L’unica possibilità per chi può è spingere sul delivery e rivoluzionare il mezzogiorno per attirare una clientela che deve modificare anch’essa le proprie abitudini. Gli ultimi provvedimenti del governo lasciano perplessi e amareggiati. E colpiscono ancora un settore già duramente provato che rimane in attesa delle misure economiche promesse. L’appello di Massimo Bottura

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