58 Food&Beverage | novembre 2020 SPECIALE Nel 2019 lo scenario del mercato italiano era decisamente diverso. A fronte di importazioni in calo del 14% la produzione delle Denominazioni più importanti è aumentata dell’8% con la galassia Prosecco sugli scudi e l’Asti che invece ha perso terreno. Bene le etichette metodo Classico con in testa i vini provenienti dalla Franciacorta. Nella foto le cantine di affinamento di Bellavista del Gruppo Terra Moretti a Erbusco, in Franciacorta naturalmente uve a maturazione adatte alle bollicine. Cresce, quindi, la consapevolezza che se si spumantizza un vino armonico in partenza non sarà necessaria la correzione della liqueur e così nasce il fenomeno del dosaggio zero (la tipologia più secca, che contiene solo il residuo zuccherino naturale del vino, inferiore a 3 grammi per litro, ndr ) che esplode intorno alla metà degli anni Duemila in Italia, ma non in Francia. Un esempio: in Franciacorta in quegli anni c’erano tre-quattro etichette dosaggio zero, oggi saranno pressappoco 140. Ogni enologo sente il bisogno di confrontarsi con il pas dosé, perché lavorando in un certo modo in vigneto si arriva a un risultato più soddisfacente. Al contempo il consumatore si è evoluto e ha alzato l’asticella della richiesta di qualità andando verso le bollicine non dosate, complice una comunicazione a 360° che racconta il dosaggio zero come vera espressione del terroir, dell’enologo, e come lo spumante più naturale che c’è, messaggi che fanno crescere la cultura delle bollicine. Questo percorso ha portato i territori di produzione italiani a maturare e quindi a dare una interpretazione personale di un mondo che prima si basava semplicemente sull’imitazione dello Champagne, riferimento per tutti ‘a prescindere’, nonostante le condizioni di coltivazione, le date di vendemmia, ecc…molto differenti -continua Iacono- C’è stata da parte del settore una crescita culturale e professionale che si sta estendendo. Il primo territorio a cogliere il cambiamento è stato la Franciacorta, seguita su questa linea da Trento, Alta Langa e anche dall’Oltrepò”. A fronte di questa crescita della cultura delle bollicine, emergono diverse sfaccettature che si apprezzano nelle parole di chi nella ristorazione ricerca le etichette, compone le carte dei vini e si interfaccia BELLAVISTA Grande Cuvée Alma Brut, fresca e vibrante Massima espressione di un progetto che, sin dal 1977 si è posto come obiettivo la ricerca dell’armonia e che oggi diviene simbolo della tradizione e dell’alta qualità di Bellavista, Grande Cuvée Alma Brut nasce come la rappresentazione dell’eccellenza del territorio che le ha dato vita: la Franciacorta. Questa Cuvée è il frutto di un centinaio di selezioni che provengono dalla medesima vendemmia e che vengono individuate con estrema cura in 107 parcelle distribuite in dieci differenti Comuni della Franciacorta. A queste uve si aggiungono i profumi e i sapori di particolari vini di riserva provenienti da differenti vendemmie; altro fattore decisivo è la fermentazione e l’elevage di parte dei vini base in piccole botti di rovere bianco, capaci di apportare intensità e complessità. Il vino è così composto da uve chardonnay (88%), quindi pinot nero e una piccola percentuale di pinot bianco. Il colore è giallo paglierino con riflessi verdognoli; il perlage è fine e continuo; al naso il profumo è ampio e abbraccia sfumature di frutta dolce e leggermente matura con sottili accenni di vegetali e vaniglia; in bocca è sapido e completo, fresco e vibrante con un ritorno delle note percepite al naso; il finale è lungo, elegante e armonioso. Perfetto come aperitivo, Bellavista Grande Cuvée Alma Brut accompagna bene diverse preparezioni a base di pesce come crostini a base di salmone affumicato o pasta al sugo di astice.
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