74 Food&Beverage | dicembre 2020 crudo degli alti pascoli molisani, trasformato in pasta filata a mano. Tra il fresco: delicate ricotte e stracciate, cioè una striscia di mozzarella ripiegata e tagliata. Tra gli stagionati: caciocavalli da 60 a 180 giorni di affinamento e il curioso cacio-salame, un salame nascosto dentro un formaggio affusolato, “inventato” negli anni ’50 per conto di un emigrante che lo usava per aggirare i divieti d’importazione dei derivati di maiale negli Stati Uniti. A Pescopennataro, ultima frontiera del Molise, abbarbicata su una rupe e avvolta tra le nuvole siderali dell’inverno, il colpo d’occhio è incredibile. Pescopennataro, il paese degli scalpellini, tradizione mantenuta ormai da pochi, si affaccia sulla valle del Sangro attirando nei giorni migliori scalatori coraggiosi che sfidano pareti naturali a strapiombo. Da qui in una manciata di chilometri si sconfina in Abruzzo per una buona sosta nel comune di Borrello (Chieti) -dopo aver visitato le spettacolari cascate del rio Verde- al negozio Alla Trattoria Shangrilà, a Borrello (Ch), la cuoca Vincenzina Annecchini lavora a mano le Pallotte Cacio e Ova e le fa dorare nell’olio bollente: sono uno dei piatti principali della trattoria. Ma fra Molise e Abruzzo sono numerosi i caseifici che producono scamorze, stracciate e caciocavallo stagionato anche per quindici mesi in grotta. Sotto, un’abetina, a Rosello: la bellezza dei boschi di faggi e abeti bianchi attraggono i turisti con laboratorio della famiglia Mosca, cercatori e trasformatori di tartufi, con il marchio RioVerde. Questa è un’area di bianco pregiato tuber magnatum pico , tra ottobre e dicembre, e di nero scorzone tra maggio e settembre. Tartufi naturali, poiché non ci sono tartufaie e campi micorizzati: il nero cresce sotto i cespugli di ginestra, il bianco tra pioppeti e faggete, nelle condizioni ottimali di un ambiente incontaminato. Invece, la tavola ideale per gustare una ricetta tipica è la trattoriaShangrilà della cuoca Vincenzina. Il piatto d’apertura? Minestra di sagne appezze al pomodoro, un assaggio di sagne “andremap”, sempre di farina integrale ma condite con ricotta di capra, cicoria passata in padella, pecorino grattugiato di Capracotta e peperoncino secco. Chiudono in un trionfo di sapori le insuperabili Pallotte cacio e ova al sugo. Da Borrello si arriva a Rosello, comune che fino a pochi anni fa aveva come sindaco niente meno che Federico Moccia, lo scrittore che ha innescato la moda dei lucchetti sui ponti di mezza Europa, a partire da Ponte Milvio, a Roma. Però l’attrazione principale di Rosello è la Riserva di Abeti Bianchi, un angolo di Scandinavia tra Abruzzo e Molise. Avanzando su un letto di foglie e neve tra il canto degli uccelli, il suono del torrente Turcano e le impronte fresche di caprioli, cervi e lupi, dopo una lunga camminata si arriva al cospetto dell’Abete Bianco. La fatica è ripagata da alberi maestosi, bellissimi, addossati l’uno all’altro, il più alto (forse d’Europa) di 54 metri. La passeggiata stuzzica l’appetito, giusto in tempo sulla strada per Roio del Sangro, il paese dei cuochi di famiglia che nel ’900 emigravano in tutto il mondo per lavorare nelle case dei ricchi, dei nobili e nelle cucine delle ambasciate. Eclettici, esperti di gastronomia italiana, arrivati ai fornelli per chiamata ITINERARI
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