N°136 Giugno Luglio

82 Food&Beverage | giugno-luglio 2021 Animale solitario, viene pescato nel periodo della riproduzione. Di solito è consumato fresco, ma ora è proposto anche affumicato. Dai ristoranti di Capri a quelli della Sicilia è un protagonista dei menu abbinato ai sapori mediterranei Elena Bianco Il pesce spada, capace di morire per amore SFIZIOFOOD L’aspetto di certo non è dei più rassicuranti: con quel musetto affilato, il pesce spada sembra fatto apposta per veder fiorire su di sé leggende di ogni tipo, quasi fosse un feroce predatore marino. I Greci narravano dei Mirmidoni, popolo mitologico nato da Mirmidone, figlio di Zeus, smaniosi di vendicare l’uccisione di Achille a cui dovevano obbedienza durante la guerra di Troia, tanto da attaccare i Troiani. Questi ultimi, però, riuscirono a sfuggire alla rappresaglia e i Mirmidoni, inferociti per aver fallito, si lasciarono annegare. Ma Tetide, madre di Achille e la più bella delle Nereidi, colpita dal loro gesto li tramutò in pesci dal lungo rostro a ricordo della loro arma. L’origine dalla mitologia greca sembra connessa con l’uso dei pescatori calabresi e siciliani di non parlare italiano durante le battute al pesce spada, ma di fare segnalazioni fra di loro usando speciali frasi convenzionali di origine greca; questa lingua, infatti, sembra che magicamente attiri il pesce spada. A parte questa suggestiva usanza, di certo le barche erano munite di un albero di vedetta e di una passerella per il fiocinatore. Il pesce spada, infatti, è l’animale marino più veloce dopo il pesce vela, grazie alla grande coda che gli permette di superare i 93 chilometri orari. Ai tempi “eroici”, dunque, il pesce spada andava prima avvistato dalla terraferma e poi raggiunto e catturato dalle barche: figura strategica era quindi l’avvistatore che dalla costa di Scilla, dove la scogliera è a picco sul mare nella zona tra Palmi e Cannitello e l’acqua limpida per le correnti, scrutava l’orizzonte cercando di individuare la preda prima degli altri. Una volta scorto l’animale, con urli e sventolii di bandiere, indicava alla ciurma la direzione. Sulla barca erano in sei e a prua stava il lanzaturi che aveva il compito di infliggere il colpo fatale con la fiocina. Anche una volta arpionato, bisognava aspettare che il pesce spada si stancasse per poi tirarlo in barca. Catturata la preda, i pescatori compivano gesti dal sapore di antichi riti magici, animati da credenze fra religione e superstizione: la cardata di ciuri (quattro segni orizzontali e quattro verticali sovrapposti, tracciati con l’unghia), l’asportazione del pezzo di carne intorno al ferro, la bbotta, che andava al ferraiolo come pegno per l’affitto della fiocina, il “taglio del ciuffo” che spettava al fiocinere. Oggi questo ancestrale dramma collettivo è quasi scomparso, ma sopravvive ancora in alcuni comuni sullo stretto di Sicilia. Un rito millenario, con i pescatori che sussurrano, come in una formula La caccia al pesce spada fa parte della cultura dei pescatori del Mediterraneo, ma non solo. C’è l’avvistamento da terra, l’inseguimento in barca e la figura del lanzaturi che aveva il compito di infliggere il fatale colpo di fiocina

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