58 Food&Beverage | settembre-ottobre 2021 dotto, ma la storia di chi lo produce. Un altro aspetto a cui guardano molto i consumatori, e che sarà sempre più premiante, infine, è quello del ruolo attivo del produttore a beneficio della comunità in cui opera”. Interessante è la definizione di packaging narrante data da Enzo Risso, che effettivamente ben rappresenta quello che i produttori più sensibili al tema stanno mettendo in atto. Molte e articolate le sue declinazioni. Forme della bottiglia anche inusuali, che richiamano quelle di altri contenitori della tradizione. Loghi rivisitati. Rilievi sul vetro della bottiglia per evidenziare e impreziosire il brand. Bottiglie consortili che rimarcano il valore del marchio collettivo territoriale. Etichette curate e innovative nella grafica e nei materiali con attenzione alle sensazioni tattili, capsule impreziosite da elementi in lamina. Il tutto in funzione di una maggiore riconoscibilità e per rafforzare l ’ ident i tà del propr io marchio e posizionarlo su un livello di prezzo più elevato. Anche i nomi delle etichette rappresentano sempre più il punto di partenza del racconto del vino. Nomi suggestivi che richiamano i luoghi, i terreni, le storie e spesso ne rappresentano la sintesi. La creazione di linee che interpretano stili differenti, spesso con etichette che trasmettono un La ripresa dei consumi è accompagnata da un imponente sforzo di marketing da parte delle aziende che in molti casi hanno lavorato sulle forme delle bottiglie e rivisitato le etichette e i loghi anche per rimarcare il valore del marchio collettivo territoriale. Come ha fatto Collavini con Broy a cui ha rifatto il look SPECIALE COLLAVINI Broy 2018, un grandebiancodel territorio Broy, in friulano, identifica da sempre un piccolo appezzamento di terra dove, oltre a ortaggi e alberi da frutto c’erano anche alcuni filari di vite. È nel broy di famiglia che, nel 1896 Eugenio Collavini, il capostipite, ha raccolto i grappoli che sono poi diventati il primo vino dell’azienda. Ed è per questo che Broy è il nome scelto per un vino che ha il compito di rappresentare il territorio del Friuli e la storia enoica della famiglia Collavini. Per Broy Manlio Collavini ha scelto tre uve che ha sempre amato: il friulano, al 50%, che rappresenta la tradizione e la territorialità, lo chardonnay, al 40%, per aggiungere forza ed eleganza, e il sauvignon, al 10%, per donare al vino una pennellata di colore con il suo aroma e le sue note di frutta tropicale. Questa è stata l’idea alla base del progetto Broy, che ha visto la luce con l’annata 2003. Le uve friulano e chardonnay sono parzialmente appassite in fruttaio, mentre il sauvignon è pressato separatamente dopo una breve macerazione. Si procede poi all’unione dei mosti e alla fermentazione parte in acciaio e parte in barrique e/o tonneau di 3° passaggio. Broy ha un colore paglierino saturo dai tenui riflessi verdi. Profumo intenso e persistente, ricordi di frutta tropicale matura, miele d’acacia, scorza d’arancia e fiori gialli. Corpo potente e lungo, morbido e caldo, ma bilanciato da piacevoli note di freschezza e mineralità. Inoltre, nella versione 2018, Broy si è rifatto il look. Nuova infatti è la bottiglia e nuova è l’etichetta che rende omaggio al vino che ha segnato la storia della cantina.
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