N°141 Aprile Maggio

78 Food&Beverage |aprile-maggio 2022 Da qualche mese un siciliano è sbarcato in laguna. Giunto da mare a mare a ravvivare i fornelli di un cinque stelle molto speciale. Quelli dell’Hilton Venice Molino Stucky, maestoso mulino fin de siècle riconvertito nel 2000 in albergo e oggi esempio unico di recupero architettonico post industriale. Luca Nania, classe 1984, savonese di nascita e messinese di Dna, sguardo verde acqua in bruno appeal mediterraneo, nel planare in Giudecca non si è portato appresso (soltanto) il classico bagaglio di sapori siculi. Ma anche, grazie a una pluriennale esperienza in Estremo Oriente, da Pechino a Hainan (le Hawai della Cina), una robusta conoscenza di culture e profumi esotici. Con cui ama contaminare la sua cucina mediterranea: nel segno di un rifluire continuo tra Oriente e Occidente che finisce per esaltare i prodotti d’eccellenza, italiani e non. “Che dire? Qui a Venezia, al mio terzo impegno da chef executive in Italia, posso veramente osare ed esprimermi un po’ di più -spiega Nania- Allo Sheraton San Siro e al Diana Majestic di Milano potevo ritrovarmi sì Ronaldo o Buffon in cucina, ma la clientela era soprattutto italiana”. E gli italiani a tavola sono spesso restii alle novità. Qui, invece, al ristorante Aromi di Molino Stucky, arrivano tanti ospiti internazionali: e se propongo una tartare di vicciola battuta, servita su un femore gratinato, capita che il turista inglese si gusti anche il midollo all’interno, accompagnandolo con un ulteriore calice di rosso”. È proprio la vicciola, misconosciuta carne di razza bovina piemontese, morbidissima, allevata quasi esclusivamente a nocciole, a dirla lunga sulle scelte dello chef in fatto di materie prime. Che, ricercate in modo certosino, vengono assimilate nel segno della multiculturalità. E siccome Nania, pur provenendo dal mare, ama anche la carne (“mi sono intestardito”) ecco apparire nel menu veneziano un sandwich di pan brioche e kobe, pera cotta nell’Amarone e sassi di olio di olive taggiasche. Ma anche un black angus cotto a temperatura controllata, con purea di topinambur e radicchio flambé. Il tutto da gustare, con il bel tempo, sulla Terrazza Aromi a bordo canale, con lo sciabordio del mare in sottofondo, davanti al distendersi cangiante del sestriere di Dorsoduro. Sestriere che è proprio sotto la facciata a mattoncini rossi del grande ex mulino, imponente e torreggiante nel suo stile neogotico. Ideato nel 1884 dall’architetto tedesco Ernst Wullekop per volere dell’imprenditore Giovanni Stucky, che lungo il canale della Giudecca intravide il luogo ideale per far transitare il grano e installare un impianto di macinazione supertecnologico. La storia pervade e permea tutti gli ambienti di questo luogo fantastico, ma defilato: e anche nelle sale interne del ristorante il fil rouge post-industriale si dipana tra rigore ed eleganza. Così, mattoni a vista, pavimenti Rossella Cerulli CHEF Sicilia e Oriente il mix per Molino Stucky Al cinque stelle della Giudecca, maestoso mulino fin de siècle riconvertito, lo chef Luca Nania può esprimersi al meglio contaminando la cucina mediterranea per una clientela internazionale Ideata nel 1884 dall’architetto tedesco Ernst Wullekop per volere dell’imprenditore Giovanni Stucky, la struttura era in origine un impianto di macinazione supertecnologico lungo il canale della Giudecca. Oggi è un raffinato albergo arredato con uno stile da yacht club che riporta al mare

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