N°143 Settembre Ottobre

82 Food&Beverage |settembre-ottobre 2022 Dalle prime testimonianze della sua presenza nel Mediterraneo, cioè quelle arrivateci da Plinio, il calamaro è stato dipinto come una creatura mostruosa, quasi leggendaria: un cefalopode presente nei mari italici con braccia lunghe fino a cinque metri e testa grande quanto 15 anfore romane. La letteratura, da Ventimila leghe sotto i mari a Moby Dick, è affollata di pagine su calamari giganti, e anche al cinema il tremendo calamaro e i suoi simili hanno fatto accapponare la pelle in molte pellicole famose, come Pirati dei Caraibi. Per una volta, quello che si credeva essere soltanto una leggenda ha avuto conferma scientifica: sono numerose, infatti, le testimonianze sull’esistenza di calamari giganti. Nel novembre del 1861, la corvetta francese Alecton trovò un animale moribondo tra Madeira e Tenerife: si cercò di portarlo a bordo, ma fu recuperata soltanto la parte posteriore lunga quasi cinque metri. Resta invece sospesa tra storia e leggenda l’avventura di un gruppo di marinai della Seconda Guerra mondiale che dopo l’affondamento del Britannia (1941) furono attaccati da un calamaro gigante: uno dei marinai fu trascinato a fondo, mentre un superstite ha portato i segni dell’attacco della mostruosa creatura per il resto della vita. Meno “mostruoso” l’etimo del nome: deriva da kalamos, radice greca anche di calamaio, termine che dal Medioevo indica la boccetta d’inchiostro; la somiglianza della forma e il liquido nero, simile all’inchiostro, utilizzato da tali molluschi per difendersi, sono alla base della scelta. Più rilassante la fama di un altro cefalopode che con il calamaro condivide l’uso di spruzzare un inchiostro nero (molto saporito) a scopo difensivo per confondere l’aggressore: la seppia. Vari documenti, a partire dal solito Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), attestano la sua rinomanza a Chioggia, n u c l e o c h e faceva parte della Decima Regio augustea, dove allora come oggi si pescava con la nassa, il trimaglio e il cogollo. Se dunque dall ’antichità è stata apprezzata in tavola, in tempi più recenti, gli anni Trenta del secolo scorso, la seppia è diventata una sorta di “maiale del mare”: di lei non si buttava niente. I sacchetti che contengono il nero si vendevano a Trieste per la produzione dell’inchiostro. L’osso, detto sepiòn, una conchiglia interamente calcificata con la funzione di dare sostegno e forma al mollusco, veniva essiccata e venduta agli orafi come calco per la fabbricazione di gioielli. In realtà il sepiòn è un organo di galleggiamento. Infatti è molto poroso e le sue microscopiche cavità possono essere riempite di gas a seconda dell’esigenza dell’animale di salire, scendere o fermarsi a mezz’acqua (come la vescica gassosa dei pesci). Nell’antichità, trovava impiego in medicina per la cura della gonorrea e della scabbia. Ricorda queste virtù il nome scientifico della seppia: Sepia officinalis. Se hanno in comune l’inchiostro, la forma dei due cefalopodi è molto diversa: il Loligo Vulgaris, il calamaro comune tipico del Mediterraneo appartenente alla famiglia di Loliginidae, ha un corpo fusiforme che richiama l’aspetto di una lancia; presenta due pinne e testa con braccia, 10 tentacoli di cui 2 più lunghi. Le sue dimensioni medie si aggirano tra i 15 e i 30 centimetri. Esistono diverse specie appartenenti allo stesso genere di molluschi: il Dosidicus Gigas, molto più grande e presente soprattutto in Cile, Messico e Perù, e il calamaretto (Alloteuthis media) del Mediteranno e dell’Atlantico. La vista è certamente l’organo di senso più sviluppato dei calamari. Il Accomunati dall’inchiostro, questi cefalopodi, che spruzzano inchiostro nero e molto saporito, prediligono le acque fredde e sono presenti nelle cucine di tutt’Italia. Come nei piatti di Remigio Dal Corso, a Mira, e di Giuseppe Lo Presti a La Morra Elena Bianco Seppie e calamari ipocalorici ma succulenti SFIZIOFOOD Seppie e calamari sono alimenti che ben si prestano a far parte di una dieta ipocalorica perché contengono pochissimi grassi e nessuna fibra. Però, grazie all’inchiostro, diventano spesso protagonisti anche di piatti elaborati

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