N°143 Settembre Ottobre

83 Food&Beverage |settembre-ottobre 2022 loro occhio, che arriva fino a trenta centimetri di diametro, è considerato il più grande dell’intero regno animale. Il galleggiamento è favorito dall’alta concentrazione di ammoniaca nei muscoli del suo mantello. In mancanza di questa, il calamaro non riuscirebbe a venire in superficie, perché i suoi tessuti sono troppo pesanti rispetto all’acqua di mare. La Seppia bianca, Sepia officinalis, è invece un cefalopode con una testa alquanto voluminosa, guarnita anteriormente da 10 braccia tentacolari poste attorno alla bocca; il corpo, a forma di sacco, è orlato da pinne laminari che ondeggiano mentre nuota lentamente. All’occorrenza, però, calamari e seppie posso anche muoversi a “reazione”, soffiando con forza l’acqua dall’imbuto con conseguente spinta in direzione opposta e sovente coprono la fuga con una nuvola di inchiostro (quello che noi usiamo per condire la pasta). Nella loro pelle ci sono migliaia di cromatofori, cellule contenenti pigmenti colorati, e iridofori, che scompongono e riflettono la luce. Il risultato è una strabiliante capacità di variare istantaneamente colori e disegni del corpo, utili per mimetizzarsi o trasmettere messaggi del tipo: sono arrabbiato, sono spaventato, sono disponibile all’accoppiamento. Questi cefalopodi prediligono le acque fredde, per cui durante l’estate è preferibile cercarli almeno a venti metri di profondità, mentre durante l’inverno si avvicinano sotto riva in pochi metri d’acqua. Se entrambe le specie sono adatte a una dieta ipocalorica perché contengono pochissimi grassi e nessuna fibra, ciò non vuol dire che non possano essere, anche grazie al famoso inchiostro, piatti succulenti. Bene lo sa Remigio Dal Corso, chef patron del ristorante Margherita all’interno del Relais & Chateaux Villa Franceschi a Mira (Ve, tel. L’etimo del nome calamaro è kalamos che fin dal Medioevo indica la boccetta d’inchiostro: questi molluschi usano il liquido nero per difendersi e confondere l’aggressore. Qui sopra, Remigio Dal Corso, chef patron del Margherita di Mira (Ve), ha l’ambizione di riproporre piatti della cucina popolare veneziana come le seppioline cotte in padella in cui il dolce del nero viene equilibrato dall’acidità del pomodoro. E la morbidezza delle seppie si accompagna alla croccantezza delle fette di polenta

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