N°144 Novembre

12 Food&Beverage | novembre 2022 Ribolla Gialla Spumante dalla sperimentazione all’eccellenza Manlio Collavini con il suo bassotto di nome Ribolla. In alto, nel 1985, presenta la sua Ribolla Gialla Spumante da Gualtiero Marchesi insieme a Luigi Veronelli e Ugo Tognazzi. A destra i vigneti dove nascono le uve ribolla gialla spumantizzate con il suo esclusivo metodo che prevede una permanenza sui lieviti di 24 o 36 mesi a seconda dell’annata. Ne risulta uno spumante setoso, morbido e di grande eleganza Federica Belvedere FRIULI Manlio Collavini con il metodo che porta il suo nome è riuscito a portare alla ribalta la Ribolla Gialla Spumante. Una storia di successo partita 40 anni fa da un’intuizione “Eugenio Collavini viticoltori in Friuli dal 1896”: così recita una delle più antiche etichette nate nel Collio. E in quell’anno inizia la storia enologica della famiglia Collavini. Ma è nel 1980 che, con una prima svolta innovativa nel settore spumantistico, l’azienda si posiziona ai vertici della notorietà con la Ribolla Gialla Spumante, frutto di un’attenta ricerca e di un originale e tuttora esclusivo metodo, detto appuntometodo Collavini. Regista di questa rivoluzione in cantina è Manlio Collavini che ancora oggi, con i figli Giovanni, Luigi ed Eugenio, conduce la sua “farme”, una casa-azienda ricavata in un antico e storico maniero del XVI secolo, fra i vigneti, nel piccolo paese di Corno di Rosazzo, l’unico comune enoico al mondo dove le strade portano il nome di vitigni autoctoni. Non a caso l’indirizzo è via della Ribolla gialla n° 2. “Ho sempre creduto nei vitigni autoctoni e antichi -dice Manlio Collavini- perché affondano le loro radici nella terra che li fa nascere e crescere. Sono vitigni che permettono di ottenere vini con una forte personalità difficilmente ripetibili in altri territori o Paesi. Contro una certa omologazione del gusto per quanto riguarda il consumo dei vini, la ricchezza dei nostri autoctoni -in Italia se ne contano circa 500- conferisce un’identità unica al vino, fedele espressione di territori specifici”. E la Ribolla gialla è di antica origine friulana, tanto che sue notizie se ne trovano ancor prima del ’300. Ma come e quando è nata la Ribolla Gialla Spumante? Siamo agli inizi degli anni ‘80 quando in azienda Manlio Collavini cominciò a pensare a una Ribolla Gialla Spumante. In quel momento non era ben chiara la strada da seguire dato che Collavini era il primo a tentare la spumantizzazione di questo particolare vino. Per piccole quantità di vino fu utilizzato il metodo Classico, ma da subito si accorsero che le caratteristiche della Ribolla -delicatezza e soavità- mal sopportavano la rifermentazione in bottiglia. Si passò dunque al metodo italiano o Charmat, lasciando il vino in autoclave per non oltre nove mesi, periodo considerato già lungo per questo metodo. Lo spumante che ne scaturì, però, non dava i risultati attesi, troppo vuoto e inconsistente, sicuramente non all’altezza del vino da cui nasceva. Furono allungati allora i tempi di contatto sui lieviti nella permanenza in autoclave fino a 24 o 30 mesi, a seconda della qualità del raccolto. “E centrammo l’obiettivo! -ricorda oggi Collavini- Il segreto per fare un grande spumante partendo dalla Ribolla Gialla era semplice: dilatare al massimo i tempi di spumantizzazione lasciando la nostra Ribolla per due anni in autoclavi posizionate orizzontalmente in presenza di lieviti selezionati personalmente dal professor Lamberto Paronetto”. Questo metodo, che fu poi chiamato “metodo Collavini”, conferiva allo spumante una qualità eccezionale, rispettando le caratteristiche del vino base, fatte di setosità, morbidezza, piacevolezza ed eleganza.

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