82 Food&Beverage | novembre 2022 L’Enigma della Vacca Intera il giallo del macellaio Il supermacellaio di Panzano in Chianti, Dario Cecchini, si è divertito a scrivere un altro giallo, ambientato, ovviamente, tra la sua “ciccia” e il vino, poiché la vittima è un cantiniere che muore dentro un tino. Diverse le occasioni, per i moderni Hercule Poirot, di sedersi a tavola e assaggiare le sue bontà Elena Bianco Dario Cecchini con Alessandro Mauro Rossi ha scritto un racconto in cui una banda in stile Amici miei indaga su un delitto e dove non mancano tinte enogastronomiche Seconda fatica libresca per Dario Cecchini. Il poliedrico macellaio di Panzano in Chianti si cimenta ancora con il giallo, ne L’Enigma della Vacca Intera, scritto a quattromani con l’amico giornalista AlessandroMauro Rossi (Giunti, 16,90 euro). Gli elementi del plot ci sono tutti: la vita di provincia un po’ monotona e un po’ pruriginosa. Una morte accidentale che molto accidentale non è. I carabinieri che indagano, con qualche remora e svariate goffaggini. Un gruppo di amici che non vedono l’ora di buttarsi a capofitto nell’indagine. E qui il parallelo con il famoso film di Mario Monicelli Amici miei sembra imprescindibile, ma fino a un certo punto: ognuno, anche nelle bischerate, ha il proprio stile, e quello di Cecchini e compagni -il Baldoria, il Direttore, Acido, Angiolino- è personalissimo e riconoscibile per chi abbia annusato, anche brevemente, l’aria di Panzano (che poi èmolto simile a l’Aria del Chianti, mix di sale e erbe aromatiche locali in vendita nella macelleria Cecchini). Il giallo, sotto la penna del re della “ciccia” assume immediatamente tinte enogastronomiche. A partire dalla vittima che, guarda caso, va a morire in un enorme tino di vino in un castello dove lavorava come cantiniere. Poi c’è Eliseo, frate del monastero delle Stinche, capace di preparare un buon pasto in una cucina dal fascino antico e che custodisce un misterioso elisir, forse straordinario. E la Liliana che mangia banane ininterrottamente ed è una degli “illuminati”, termine con cui Dario ha ribattezzato gli ospiti della locale Casa Famiglia per disabili. La banda di questi improvvisati Sherlock Holmes, poi, si riunisce in macelleria, dove il Cecchini si divide fra l’indagine e l’entusiasmo da rock star che suscita in fanciulle di tutte le età provenienti dai quattro angoli del pianeta solo per farsi un selfie con lui. Per le rivelazioni importanti, compresa quella finale che il Cecchini conduce con piglio da novello Hercule Poirot, non poteva certo mancare l’accogliente sala dell’Officina della Bistecca, che poi è uno dei cinque modi/luoghi che il macellaio mette a disposizione per fare un’esperienza gastronomica del suo mondo e assaggiare tutto della bestia, dal naso alla coda. Così, mentre sotto i nostri occhi i nodi si sciolgono e i sospetti che avevano vagato ora qua ora là si dimostrano quasi tutti infondati, Angiolino, maestro di griglia e uno della banda, fa cuocere conmaestria sulla brace la Bistecca alla Fiorentina e le Sue Sorelle, la Costata e la Panzanese. Il tutto accompagnato da un bicchiere di Chianti che spesso, nella realtà, il Cecchini offre su un banchetto fuori dal negozio, insieme a un crostino di Burro del Chianti, lardo profumato che definisce “cibo divino nella sua semplicità, povertà e soprattutto genialità”. Perché, se alla fine del libro non c’è dubbio su chi sia l’assassino, al Cecchini resta il quesito di sempre: to Beef or not to Beef. LIBRI
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