94 Food&Beverage | dicembre 2022 Fino al 26 febbraio 2023 sarà possibile visitare la prima retrospettiva in Italia dedicata a Max Ernst, che fu definito “il più surrealista dei pittori e il più pittore dei surrealisti”. La mostra, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, da Palazzo Reale con Electa, in collaborazione con Madeinart, è curata da Martina Mazzotta e Jürgen Pech. A Palazzo Reale, a Milano, saranno esposte innumerevoli opere, provenienti da musei, fondazioni e collezioni private, divise in nove sale tematiche, che testimoniano la lunga attività di studio e sperimentazione di Ernst, artista tedesco naturalizzato francese, dalla vita avventurosa ed elegante, ricca di amori travolgenti con donne di grande spessore come Gala Éluard Dalì e Peggy Guggenheim, che fu anche una delle sue mogli. Uomo carismatico e dal talento geniale, ideatore delle tecniche pittoriche del grattage e del frottage che gli permisero di liberarsi dai formalismi estetici, Ernst visse in Europa, soprattutto a Parigi, sua patria d’elezione, ma anche negli Stati Uniti, dove fu costretto a fuggire perché considerato “artista degenerato” dai nazisti. Nel 1937, nello stesso anno in cui Pablo Picasso dipinse Guernica, egli creò l’opera L’angelo del focolare -manifesto della mostra- capolavoro iconografico che rappresenta un gigantesco e possente mostro zoomorfo dai colori sgargianti, con un’inquietante e minacciosa testa da condor con denti aguzzi e tanti pezzi diversi di animali tutti caratterizzati da estremità appuntite. È l’allegoria dell’Europa che da madre benevola si trasmuta in un mostro assetato di sangue pronto a divorare i propri figli nell’imminente Guerra mondiale che trasformerà gli esseri umani, simboleggiati dal mostriciattolo attaccato ad essa, in altrettanti mostri distruttivi. Ernst ne fu estremamente consapevole, perché visse le atrocità della Prima Guerra mondiale in prima persona, essendosi arruolato nell’esercito e ferito due volte. La costellazione illimitata di simboli utilizzati da Ernst, frutto della sua grande cultura e della sua capacità di andare oltre, permettono di addentrarsi in un mondo di meraviglia e stupore, ricco di affascinanti e intriganti incanti di percezione che trascendono la pittura stessa. Ernst è un filosofo-pittore, degno erede della tradizione delle Wunderkammer tardo-rinascimentali, quelle camere in cui era possibile trovare mirabilia naturalia et artificialia, cioè oggetti che stupivano provenienti dal mondo naturale o create dall’essere umano. Nell’opera Gli uomini non ne sapranno nulla, del 1923, scienza, alchimia, erotismo e psicoanalisi si intrecciano nel costituire questo eccezionale capolavoro traboccante di immagini oniriche e misteriose che richiamano l’alternarsi della vita, il sole blu-arancio, e della morte, la mano mozzata, mentre due corpi si fondono nelle sfere celesti. Ottantacinque anni vissuti intensamente, grande ammiratore di De Chirico, conobbe Paul Éluard e André Breton, collaborerà con Dalì e Buñuel, Max Ernst realizzerà l’Oedipus Rex, una delle punte di diamante della mostra, che quest’anno compie cento anni: è datata 1922. Appare come un originale esempio di collage pittorico frutto delle sue riflessioni sui testi di Freud che aveva avuto modo di leggere durante i suoi studi di psicologia. È sicuramente un olio su tela dal profondo significato simbolico che dà adito a diverse interpretazioni e che sancirà il suo riconoscimento a livello internazionale. Siamo CULTURA&GUSTO Artista degenerato per i nazisti, in un suo famoso dipinto raccontò il primo conflitto mondiale dove fu ferito due volte. Una vita avventurosa con donne di grande spessore. Al Palazzo Reale di Milano Irene Catarella Max Ernst, il surrealista che dipinse la guerra “L’angelo del focolare”, del 1937, manifesto della mostra, è un’allegoria dell’Europa che si prepara alla guerra e ancora una volta è pronta a divorare i suoi figli. L’artista conosceva bene i drammi e le sofferenze della vita di trincea visto che aveva partecipato alla Prima Guerra mondiale. A sinistra, “Gli uomini non ne sapranno nulla”. Nell’altra pagina, “La festa a Seillans” e “Oedipus Rex”, rappresentazione di una nevrosi che accompagna il piacere
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