N°146 Febbraio Marzo

3 Food&Beverage | febbraio-marzo 2023 EDITORIALE Barbara Amati amati@foodandbev.it i Il fine dining? In salute “Spiacente di deludervi, ma la notizia della mia morte è grossolanamente esagerata”. Leggendo certi articoli di questi giorni sul fine dining, viene in mente il telegramma che Mark Twain scrisse all’Associated Press dopo aver appreso che era stato pubblicato il suo necrologio. La notizia di gennaio della chiusura del tristellato Noma di Copenhagen dello chef René Redzepi e quella di febbraio di un altro tristellato, il St. Hubertus dello chef Norbert Niederkofler al Rosa Alpina di San Cassiano (Bz) e del locale di Filippo La Mantia al Mercato Centrale Milano, hanno fatto immaginare la fine della ristorazione di lusso. Lo scenario in parte giustifica questa tesi. I costi delle materie prime in aumento, il prezzo delle bollette, ora però in calo, la mancanza di personale e la possibilità di una nuova recessione disegnano un quadro che non induce all’ottimismo. Tutto vero e anche tutto un po’ esagerato. Intanto si potrebbe dire che le storie dei tre ristoranti sono differenti e tutti e tre non sembra abbiano deciso di chiudere definitivamente, ma di ripensare il progetto che ripartirà in nuove forme dedicandosi anche ad altro. È il caso di Niederkofler con il Kosmo Taste The Mountain, integrato nella rinnovata stazione sciistica del Mottolino, a Livigno, che ha comportato un investimento di quattro milioni di euro che per un ristorante sono parecchi. A Verona, poi, Giancarlo Perbellini chiude la sua sede storica, ma solo perché si trasferisce al 12 Apostoli, altra insegna celebre della città di Romeo e Giulietta, dove lo chef aveva iniziato la propria storia professionale. Anche se le difficoltà non mancano, la ristorazione di livello appare quindi molto vivace. Antonino Cannavacciuolo, ad esempio, non si è fatto distrarre dai suoi impegni televisivi e ha allargato la propria attività aprendo vicino a Pisa un resort con hospitality e ristorante con una stella Michelin. In sostanza, come abbiamo già scritto altre volte, la ristorazione, il fine dining, è diventato in questi anni un business un po’ più complicato che vede lo chef assumere sempre di più le vesti dell’imprenditore, che non può, però, abbandonare del tutto la cucina, e andare in Tv, fare consulenze e allargarsi ad attività continue come quella del catering di alto profilo. Ma non solo. Il collegamento con l’ospitalità si fa sempre più importante. Oltre il 36% dei ristoranti stellati, infatti, è collegato a una struttura alberghiera. Si tratta, secondo un’elaborazione del Sole 24 ore, di 139 locali su 385 stellati che diventano presenze sempre più importanti anche per i grandi gruppi alberghieri. “Nel corso degli ultimi anni abbiamo riscontrato, soprattutto in Italia, un trend che ha visto la ristorazione in albergo diventare più attrattiva e promettente -ha spiegato al quotidiano Elisa Puleo, director Food & Beverage per la divisione Sud Europa del Gruppo Belmond- sia in termini di offerta che di tipologia di servizio: diventato meno formale, anche se sempre attento e puntuale. In alcuni casi, soprattutto in strutture in stile resort, abbiamo visto il peso della ristorazione sul conto economico dell’albergo toccare il 40%. Nel caso dello Splendido Mare di Portofino con il suo ristorante DaV Mare (il primo ristorante aperto al di fuori dei propri spazi dal tristellato Da Vittorio della famiglia Cerea, ndr), la ristorazione è arrivata a coprire addirittura il 60% dell’intero fatturato”. Quindi, non sembra che vada tutto così male e, in fondo, se andiamo a guardare, il ristorante di Norbert Niederkofler chiude per ristrutturazione dell’intero albergo, ma per riaprire con una formula diversa, sempre all’interno di un hotel. L’abbinamento con alberghi e resort non è l’unica strada, ma una delle tante a disposizione del fine dining. Che sembra ancora in salute. Le notizie di qualche chiusura fanno immaginare la fine della ristorazione di alto livello. Che invece va avanti sperimentando nuove strade, come insegna Norbert Niederkofler

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