N°146 Febbraio Marzo

68 Food&Beverage | febbraio-marzo 2023 SPECIALI un costo decisamente inferiore. L’Italia non è immune dall’eccesso di produzione di vino. Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, presentata a Verona al Wine2Wine nel novembre scorso, una vendemmia da 50 milioni di ettolitri, come quella del 2022, porta minori incassi per un miliardo di euro rispetto a una di 47 milioni di ettolitri. Se i mercati andranno verso una stabilizzazione progressiva dei consumi, come è ipotizzabile, “l’unica leva a disposizione è agire sul potenziale, per razionalizzarlo se non addirittura ridurlo intervenendo sui vini generici, rivedendo il sistema delle Dop-Igp e del passaggio a Docg, e normando le riclassificazioni e i declassamenti in tempi brevi”, ha indicato Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione italiana vini. Altro elemento di squilibrio per il vino italiano a Denominazione di origine è la polarizzazione della produzione e delle esportazioni, che si concentrano nel Nord e nel Centro. Da sole, cinque regioni producono il 66% del volume e il 78% del valore del vino prodotto in Italia (dati 2020). Il 60% dei volumi proviene dal Nord -Piemonte (83%), Lombardia (59%), Trentino Alto Adige (83%), Friuli Venezia Giulia (64%), Toscana (61%)- Tra il 25 e il 42% da Emilia Romagna (25%), Marche (38%), Umbria (33%), Lazio (42%) e Abruzzo (38%). E solo dal 5 al 16% dal Sud: Campania (16%), Puglia (12%), Calabria (16%) e Sicilia (5%). Dunque lo scenario per il 2023 è disseminato di tanti i punti interrogativi, dovuti a inflazione, rallentamenti economici, aumento dei costi legati all’energia, tensioni geopolitiche internazionali ed eccedenze. Tuttavia, parole di conforto sono state pronunciate in occasione del IX Forum Wine Monitor svoltosi a gennaio. “I segnali che arrivano dal Esiste un problema di squilibrio tra domanda e offerta a livello mondiale. Per questo si inizia a pensare all’espianto dei vigneti. Succede in Francia in zone come Bordeaux e la Valle del Rodano. Perché nel frattempo si spostano anche i consumi e i rossi iniziano ad avere qualche difficoltà, mentre in Spagna la produzione di Rioja bianco è raddoppiata. Sopra, foto dell’azienda Collavini, in Friuli COLLAVINI Compie 50 anni l’elegante Il Grigio Spumante Più di cinquant’anni alle spalle e un’immutata eleganza. È Il Grigio, lo spumante di Collavini da uve pinot grigio e chardonnay che ha conquistato un’epoca e oggi festeggia 50 anni di successi con una bottiglia dedicata. Nato nel 1971, è probabilmente il primo metodo Martinotti friulano, ed è stato consumo abituale delle celebrities degli anni Settanta e Ottanta all’Harry’s Bar di Venezia che lo utilizzava per il suo Bellini. Figlio di un’azienda che ha una storia di poche parole e di gesti concreti, è nato dalla felice intuizione di Manlio Collavini che ha adottato per Il Grigio una vinificazione classica in bianco con spremitura delle uve molto soffice senza macerazione. La rifermentazione avviene a primavera in autoclavi verticali a 14°C con permanenza sui lieviti per 5-6 mesi; la lisi prolungata del metodo Martinotti è il suo marchio di qualità. Dal colore paglierino scarico, brillante con venature verdognole, ha una spuma persistente con perlage fine e continuo. Il profumo è fragrante, fresco, con spiccate note di mela golden, pera e crosta di pane caldo; ha sapore rotondo, armonico e leggermente aromatico con vena citrina e prolungata sensazione gustativa. Perfetto come classico aperitivo, accompagna gli antipasti di pesce e salumi come le passate di verdura e i pesci al forno in genere.

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