N°146 Febbraio Marzo

78 Food&Beverage | febbraio-marzo 2023 ITINERARI Da Matera al Vulture, terra del rosso Aglianico alle pendici di un vulcano spento, il viaggio enogastronomico in Basilicata si tinge di bellezza e profuma di bontà. Tra i vicoli dei Sassi l’odore del pane riaccende la memoria su una storia di condivisioni e forni collettivi. Ogni città ha il suo simbolo gastronomico: il vino nel Chianti, i limoni sfusati in Costiera Amalfitana, la pizza a Napoli. A Matera invece c’è un Pane Igp, marchio europeo riconosciuto a quelle specialità legate a un territorio circoscritto, fatte con metodo tradizionale e materie prime tracciabili e di qualità. Un pane che per secoli è stato alimento fondamentale nei Sassi: cotto in forni collettivi, da ogni famiglia impastato con un proprio lievito, leggermente diverso di casa in casa. Oggi di questa tradizione in uso fino agli anni Cinquanta rimane un pane dalla forma caratteristica, la crosta croccante e scura, la mollica morbida, cotto a legna da forni privati che aderiscono al Consorzio del Pane di Matera Igp; ad esempio il Panificio Cifarelli (panificiocifarelli.it). Quello di Matera è un pane in due forme: a cornetto, con più crosta, e alto tagliato, con più mollica; ma in entrambe la parte superiore presenta sempre tre tagli, creati a coltello nella pasta cruda per evitare la formazione di bolle d’aria durante la cottura. Una caratteristica del Pane di Matera Igp consiste poi nell’uso di grosse quantità di lievito naturale (il 40%), il resto è costituito da semola rimacinata di grano duro (macinato due volte), prodotto esclusivamente in Basilicata. Un passo indietro nella storia è necessario. Matera nel 2019 è stata Capitale europea della cultura. Se ripensiamo però al suo passato intriso di vergogna e abbandono il titolo è una conquista straordinaria. Lo sfollamento del “presepe” materano, un incredibile formicaio di case-grotta scavate in ambienti ipogei -i Sassi- avvenne con una legge speciale del ’52. L’Italia repubblicana del Dopoguerra, proiettata verso il boom economico, non poteva più tollerare le pessime condizioni igieniche e di miseria in cui viveva la popolazione, in grotta con gli animali e con un alto tasso di mortalità infantile da terzo mondo. Così sui Sassi -il Barisano e il Caveoso- calò il silenzio e 15 mila persone furono trasferite in quartieri progettati su modello scandinavo da importanti urbanisti del tempo (Luigi Piccinato, Ludovico Quaroni, Carlo Aymonino e altri). Solo a fine anni ’80 il tesoro materano tornò lentamente a risplendere con l’apertura di qualche attività commerciale e nel 1993 con il riconoscimento a patrimonio Unesco. Da allora è stata una strada tutta in salita. Massimiliano Rella Dal pane e i vini di Matera ai salumi del Vulture Una città rinata dopo la ristrutturazione dei Sassi a fine anni ‘80 che oggi attrae migliaia di turisti, ai quali propone un paesaggio unico e un’enogastronomia di livello. Nei ristoranti vince la tradizione In alto, una vista di Matera dal lato del Sasso Barisano sulla terrazza di S. Giovanni in Monterrone. Qui sopra, al Panificio Cifarelli si sforna il pane Igp tipico della città, dalla forma molto particolare, a cornetto e alto tagliato: è cotto nel forno a legna e ha una crosta croccante e scura con una morbida mollica

RkJQdWJsaXNoZXIy NTUwOQ==