N°147 Aprile Maggio

52 Food&Beverage | aprile-maggio 2023 Barbara Amati DEGUSTAZIONI Monte del Frà si sfida in una verticale incrociata In degustazione diverse annate tra Custoza Superiore Cà del Magro, emblema di essenza e unicità del territorio, e Amarone della Valpolicella Classico Lena di Mezzo, interprete elegante della Denominazione. Attenzione al dettaglio e rigore in vigna con l’obiettivo di essere sempre più puristi Un’azienda dalla mente aperta, che guarda avanti e si rinnova, mantenendo inalterati i valori di tradizione, sensibilità, sostenibilità e attenzione all’ambiente. Non intende stupire, Monte del Frà, perché ciò che la guida è una concretezza consapevole di quelle che sono le radici, ma anche le possibilità e le opportunità per crescere e fare sempre meglio. Interrogandosi, sempre, e non dando mai nulla per scontato. È per questo che Marica Bonomo, nipote del fondatore Massimo e figlia di Eligio, giovane donna determinata e lungimirante (e responsabile export), ha voluto proporre un ’insolita verticale incrociata di 13 annate di due vini di due territori che rappresentano la storia di Monte del Frà: Custoza Superiore Doc Cà del Magro e Amarone della Valpolicella Classico Docg Tenuta Lena di Mezzo. Perché l’azienda, nata 65 anni fa, nel 1958, nel territorio della Doc Custoza, oggi possiede anche vigneti nella Valpolicella Classica e nel Lugana: 137 ettari di proprietà e 65 in affitto. Ha, dunque, i piedi -e le radici- ben piantati in alcune delle massime espressioni del territorio veneto dove, in tutti questi anni, e soprattutto da quando Marica e i cugini Silvia e Massimo -insieme rappresentano la terza generazione- hanno caparbiamente alzato l’asticella della qualità “osando” sperimentare e ricercando nuovi orizzonti di qualità. Non certo una via facile, quella che è stata scelta, basata su una continua opera di convincimento quotidiano nei confronti del papà Eligio, uomo gentile, istrionico e vulcanico, impegnato in vigna, e dello zio Claudio, enologo. Però i risultati le hanno dato ragione, anche perché la “spalla” a cui Marica ha voluto appoggiarsi è quella di lungo corso di Claudio Introini, enologo di classe, a lungo responsabile di cantine della Valtellina, “che è diventato a tutti gli effetti il mio secondo papà: un uomo di valori, gentilezza e grande sensibilità come la nostra famiglia”, dice Marica. La degustazione incrociata ha accostato due grandi vini, un bianco e un rosso, con annate dal 2007 al 2020 per toccare con naso e palato come rispondono alla prova del tempo e per mostrarne l’evoluzione e la mutazione dello stile nel corso di questi anni. “Un azzardo che, però, è stato di grande soddisfazione”, sorride Marica affiancata dal giornalista e degustatore Nicola Frasson all’evento organizzato da Horto Restaurant, a Milano, con una vista a 360° su guglie, cupole e tetti, aperto l’anno scorso dallo chef tristellato Norbert Niederkofler. “Credo che ragionare per punti di vista sempre diversi e stimolanti sia una delle caratteristiche per reinventarsi e non cadere negli stereotipi -spiega la produttrice- Questa verticale vuole essere una fusione fra pensieri, evoluzione dell’azienda e modi di lavorare territori diversi partendo da un punto di vista, quello del 2008, per raccontare e mostrare nella degustazione come ci siamo evoluti con i nostri ampliamenti in vigna, le nostre sperimentazioni in cantina, i dubbi, le visioni e la voglia di fare. È quindi una verticale basata su un trittico di tre annate a parità di vino”. E aggiunge: “Ciò che abbiamo sempre cercato di fare è essere puristi del territorio e non protagonisti, per capire come si poteva regalare longevità ai vini. Abbiamo imparato tanto dalla Valpolicella e dal suo territorio ed è stato un po’ un gioco delle parti: quello che abbiamo appreso da una situazione si è riversato dall’altra parte, nella capacità e fermezza di saper osare e aspettare anche in situazioni a rischio come nel 2014. Per andare avanti bisogna tornare indietro...”. Per il Cà del Magro è stato avviato un processo less is more, un concetto sempre più in sottrazione: “Inizialmente puntavamo al passaggio in legno, ma poi ci siamo evoluti nella conoscenza del vigneto e abbiamo imparato che è il carattere della vigna che deve parlare e abbiamo utilizzato sempre di più le botti di cemento invece che di acciaio, perché anche le energie potessero ampliare ciò che il vigneto voleva dire. Due ingredienti: cemento per Marica Bonomo, responsabile export e coinvolta a tutto tondo nell’azienda di famiglia, Monte del Frà, a Sommacampagna (Vr), ha proposto una degustazione incrociata di diverse annate dei vini più rappresentativi del territorio e dell’identità delle tenute di proprietà per mostrarne l’evoluzione e la mutazione dello stile nel corso degli anni, nonché la longevità

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