N°147 Aprile Maggio

58 Food&Beverage | aprile-maggio 2023 Barbara Amati Una degustazione di sei annate, una per decade, del primo vino della Denominazione a riportare il nome del cru in etichetta, il 1969. Un vino territoriale che parla di Radda in Chianti e nasce in quota in un ambiente particolare che dona longevità e riconoscibilità Con l’annata 2019 il Chianti Classico Riserva Vigneti La Selvanella festeggia la 50a vendemmia. Un anniversario importante, innanzitutto perché è stato il primo cru di Chianti Classico a essere imbottigliato, nel 1969, e poi perché nasce in un territorio di straordinaria bellezza, capace di dare vita a vini senza tempo, come ha dimostrato un’eccezionale degustazione proposta al Vinitaly di sei annate, una per decade, fino alla 1969, partendo proprio da quella che immortala la Cinquantesima vendemmia: 2019, 2006, 1995, 1986, 1971, 1969. “La Selvanella è un cru di 50 ettari acquistato negli anni Sessanta frutto di una visione innovativa -spiega Alessandro Zanette, Estate manager- Si capì che la collina era vocata per il sangiovese grosso tanto da impiantarne 50,5 ettari e produrre tutti gli anni una riserva, la migliore espressione di quell’annata e di quel vitigno. È un vino territoriale, che parla di Radda in Chianti, frutto di una selezione massale di antiche piante madri già presenti in fattoria dagli anni ’20-’30 ed è una espressione di sangiovese di alta collina”. La Selvanella è una collina solitaria e soleggiata, la più alta di tutta la Denominazione, da 350 a 600 metri, caratterizzata da un clima fresco che conferisce alle uve sangiovese una carica tannica e una vibrante acidità che rendono i vini molto longevi. Un’altra particolarità sono i suoli di diversa origine geologica, dal macigno, al sillano, al pietraforte: “Alla base della collina i terreni sono ricchi di argilla e quindi trattengono l’umidità, mentre man mano che si sale si trova il galestro, friabile e povero di argilla -precisa l’agronomo Marco Viciani- In annate molto piovose il suolo povero di argilla riesce più facilmente a drenare le acque in eccesso e nelle annate umide l’uva migliore si ha alle quote più elevate. In annate più siccitose il sangiovese si esprime meglio nella parte bassa. Annata dopo annata, quindi, anche a seconda della diversa esposizione, il vigneto risponde in maniera differente e questo costituisce una grande ricchezza. La produzione è di 50 quintali di uva per ettaro: la natura del suolo non consente di produrre di più e questa è la quantità giusta per avere un risultato enologico eccezionale”. “La Selvanella è un vino più di vigna che di cantina -interviene l’enologo Francesco Bruni- Vinifichiamo separatamente tutte le parcelle (sono 31) perché ogni appezzamento dà risultati diversi. Abbiamo un approccio pragmatico, ci adattiamo a come pensiamo possano rispondere le uve alle pratiche enologiche. È l’enologo che deve interpretare l’annata e le uve. In questi 50 anni il disciplinare del Chianti Classico è cambiato due volte. Quando è nato, questo cru era fuorilegge, perché non si poteva produrre la Doc con uve sangiovese in purezza senza l’aggiunta di uve bianche: è stato consentito solo all’inizio degli anni Duemila. Oggi la storia ci ha dato ragione e dimostra che a La Selvanella hanno sempre tenuto fede all’idea di fare un grande vino di territorio”. La degustazione prende il via con l’annata 2019, che celebra la Cinquantesima vendemmia. Il clima di quell’anno ci riporta agli anni ’70 e ’80, leggermente più freschi e anche a livello stilistico questo vino ricorda le annate di decadi più vecchie. La 2019 è stata un’annata classica: il vino ha carattere, note di erbe mediterranee, rosmarino e pino, e note scure di corteccia, ciliegia nera, viola macerata, rosa essiccata, incenso, a cui si accostano sentori floreali e una nota pepata ed erbacea. In bocca è secco, asciutto, il tannino è vellutato con una bella acidità integrata. La 2006 è una grande annata: ha visto un’estate molto luminosa con un agosto caldo e un settembre più fresco. “Al naso il 2006 è fantastico -si entusiasma Zanette- Si avvertono tamarindo, frutta secca, cuoio, note ferrose, ciliegia matura. In bocca c’è concentrazione: è un vino pieno, dalla bella acidità croccante e dal tannino vellutato che rimane gessoso, la texture tipica del sangiovese, ma molto preciso e pulito nel finale”. Gli anni ’90 sono stati fortunati per la Toscana e il Chianti Classico che hanno espresCon l’annata 2019 il Chianti Classico Riserva Vigneti La Selvanella festeggia la Cinquantesima vendemmia. È il primo cru della Denominazione, nato nel 1969 sulla collina omonima da uve sangiovese grosso allevate in quota: 50 ettari piantati negli anni ’60 danno vita a un vino rimasto fedele a se stesso CHIANTICLASSICO Riserva La Selvanella 2019 celebra la 50a vendemmia

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