59 Food&Beverage | aprile-maggio 2023 so vini interessanti. La ’95 è stata un’annata fredda e piovosa, ma tra fine settembre e inizio ottobre il ritorno del bel tempo ha consentito di ottenere ottime uve. Tanto che oggi la blasonata ’97 è risultata più matura e stanca rispetto alla ’95 che rimane brillante e tesa. Dal punto di vista aromatico si avvertono violetta, cuoio, selvaggina da piuma, il nocciolo della ciliegia, e poi note profonde, come la radice di rabarbaro. Il vino ha un corpo più sottile, un’acidità molto rinfrescante, lunga e vivace: è ancora pieno di tensione. Il tannino ha una grana più rustica rispetto al 2006 e al 2019, ma dopo tutti questi anni si è concentrato e mostra una bella integrazione vellutata. Dal punto di vista organolettico il 1986 è una delle migliori espressioni de La Selvanella. Al naso si avvertono profondità, note di citronella, arancia candita, selvaggina da piuma, prugna, rabarbaro, violetta di Parma che dà particolare eleganza; in bocca è teso e asciutto, con un tannino più nervoso, denso e un’acidità molto brillante. È un grande vino. Il 1971 ha visto una gelata importante in Toscana, ma nelle zone più elevate come La Selvanella non ci furono danni e l’andamento climatico alla fine fu favorevole e diede vini molto apprezzati già all’epoca. Il vino svela note di elicriso, cioccolato al latte, nocciole caramellate; è molto sapido. Come nei grandi vini invecchiati si avverte un fondo di caffè; il palato è cremoso nella sua esilità con un tannino completamente risolto e un’acidità che lo rende intrigante e molto piacevole. La ’69 è un’ottima annata, anche se come tutte le grandi annate è stata riconosciuta più tardi, perché ha dato il meglio di sé dopo qualche tempo. È il vino più evoluto di tutti, emoziona con note di prugna secca e sottobosco, tamarindo e polvere da sparo. C’è freschezza e croccantezza. Conclude Alessandro Zanette: “Ci sono stati periodi in cui era difficile proporsi con un vino così rigido e austero, ma l’azienda ha dato dimostrazione di una grande coerenza tenendo caparbiamente la barra dritta rimanendo fedele a se stessa e alla sua idea di Chianti Classico: tutti i vini, dalla 1969 alla 2019 sono uniti da un identico fil rouge che li rende estremamente riconoscibili”. La degustazione di sei vini, uno per decade dal 2019 al 1969, ha dimostrato la longevità di un Chianti Classico dal carattere riconoscibile. Merito del particolare microclima del cru La Selvanella a 350-600 metri di altitudine, dei terreni di diversa origine geologica e di una pratica di cantina che negli anni è rimasta la stessa, adeguandosi all’annata. Un vino più di vigna che di cantina, territoriale, elegante e fine, dall’impronta decisa
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