N°148 Giugno Luglio

3 Food&Beverage | giugno-luglio 2023 EDITORIALE Barbara Amati amati@foodandbev.it i I costi del digitale Quando si è insediato il governo se ne è parlato per qualche giorno, poi tutto è sfumato. Stiamo parlando dei pagamenti digitali che sono giustamente sempre più diffusi, ma per i quali i vari attori del mondo del turismo chiedono da tempo un taglio delle commissioni. Da questo punto di vista non sembra ci siano sostanziali novità. In febbraio il Sole 24 ore scriveva che si stava cercando un accordo per ridurre a zero le commissioni a carico dei commercianti per l’uso del Pos nelle transazioni digitali sotto i 10 euro e per ridurle sotto i 30 euro. Da allora, però, nulla è cambiato e un’indagine Inapp Digital Platform Survey, presentata sul sito di economia lavoce.info, ha messo in risalto un altro aspetto fino a oggi poco considerato: la dipendenza del mondo della ristorazione e del turismo in generale dalle piattaforme digitali che, secondo i dati dell’indagine, riguarda il 12,8% delle imprese della ristorazione e il 42,1% del turismo. La pandemia ha fortemente accelerato l’adesione a queste piattaforme soprattutto nella ristorazione, tanto che nel biennio 2020-2021 “il fatturato intermediato dalle piattaforme digitali rappresenta quasi un quinto dei ricavi nella ristorazione e intorno alla metà nel turismo. Le commissioni richieste dalle piattaforme digitali per l’intermediazione ammontano mediamente al 16,5% del fatturato intermediato nel 2020 e al 16,7% nel 2021”. Nella ristorazione, prosegue l’indagine, le commissioni sono in media più elevate, con il 35,7% di imprese che paga commissioni superiori al 20%, mentre nel turismo il 41,8% delle imprese dichiara commissioni tra il 15 e il 20%. L’indagine punta a capire il livello di dipendenza tecnologica e finanziaria delle imprese, per questo è importante anche il dato relativo alle modalità con cui sono stabilite le condizioni contrattuali: in circa 7 casi su 10 sono le piattaforme a imporre unilateralmente le condizioni (73,6% nel turismo). Tra le condizioni contrattuali c’è quella relativa ai sistemi di pagamento. Anche in questo caso la dipendenza è evidente, visto che nel 46,8% per cento dei casi sono previste clausole di dipendenza dalla piattaforma per gli incassi (quota che sale al 68,2% nella ristorazione). “Si tratta di un dato rilevante, perché il ritardo nei tempi di incasso rappresenta un costo e un fattore di rischio finanziario intrinseco: di fatto, quando il pagamento viene veicolato dalla piattaforma, in 8 casi su 10 sono previste clausole di dilazione dei pagamenti”, è il commento dell’indagine. Le piattaforme possono anche proporre unilateralmente variazioni alle clausole contrattuali, proponendo, ad esempio, una maggiore visibilità dell’impresa condizionata all’adesione a programmi di fidelizzazione per i clienti, elementi che di fatto possono far lievitare i costi delle commissioni. Si tratta di una circostanza sperimentata da circa un quarto delle imprese, quota che arriva al 32,4% nel turismo. Nella ristorazione si segnala, inoltre, che circa quattro imprese utilizzatrici su dieci adottano procedure di disintermediazione, effettuando consegne a domicilio sia con i fattorini delle piattaforme, sia con personale proprio. Ci sono poi gli effetti sulla reputazione quando le recensioni negative arrivano a causa del disservizio della piattaforma (il 32,4% nella ristorazione) e le informazioni sui clienti che per il 24,6% della ristorazione non esistono. Il succo è che queste piattaforme non sono neutre, ma rischiano di influenzare l’attività. Da maneggiare con cautela. Della diminuzione delle commissioni non si sa nulla, mentre un’indagine fa luce sulle piattaforme che rischiano di avere troppa influenza sulle attività. Dai costi, ai pagamenti, alla reputazione, fino alle informazioni sui clienti

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