N°148 Giugno Luglio

54 Food&Beverage | giugno-luglio 2023 Une porta in tavola l’Umbria dimenticata RISTORANTI In un casale seicentesco lo chef Giulio Gigli sperimenta una cucina di rottura frutto delle materie prime locali. Dalla trota proposta tutto l’anno al piccione imbottito di cipollotto bruciato Massimiliano Rella Dopo un percorso in alcuni ristoranti stellati internazionali, dalla Francia, all’Italia, agli Stati Uniti, Giulio Gigli è tornato a casa in un destination restaurant nel folignate che propone i prodotti locali e dispone di un proprio orto: qui lo chef sperimenta una cucina che vuole andare al di là delle classiche proposte della tradizione regionale. Il ristorante si trova in un casale seicentesco e ha 35-40 coperti. Sopra, Tartufo bianchetto affogato al caffè, un dolce di ispirazione classica Giovane ristorante con un ambizioso progetto gastronomico, Une vuole valorizzare gli ingredienti e i prodotti dimenticati dell’Umbria attraverso ricette di sperimentazione e stagionali. Con otto menu l’anno, due ogni trimestre, più inserimenti vari, dall’apertura -era l’agosto 2021- sono nati già 130 piatti; tutti fotografati, a memoria del lavoro, e chissà, domani, utili per qualche progetto editoriale. Une nell’antica lingua umbra significa acqua. L’acqua è l’elemento vitale, nasce dalla terra e quella potabile che alimenta Foligno (Perugia) sgorga da un acquedotto a due passi dal ristorante, visibile dall’orto-giardino. L’ideatore di questo locale d’alta cucina umbra è Giulio Gigli, 36 anni, chef tornato nella terra d’origine con idee e spunti creativi dopo esperienze tra stellati internazionali; in Alta Savoia al Cheval Blanc (2 stelle); a Roma al bistellato Il Pagliaccio; a Parigi a Le Grand Véfour, altro storico bistellato; a San Francisco al tristellato Benu, di cucina coreana contemporanea, per uno stage di tre mesi. E di nuovo in Europa, a Lione, allo Château de Bagnols, 1 stella, e al Disfrutar di Barcellona, quattro anni come chef di cucina, reparto creativo. Une vuole essere un destination restaurant, isolato come si trova in un vicolo cieco della campagna folignate, alla fine di una lunga strada che s’interrompe a Capodacqua, una frazione di Foligno sotto la Rocca dei Trinci. Il locale è in una struttura storica in parte originaria del ’600, con pavimento in cotto rosa di Assisi, pareti in pietra, travi di legno, capriate, camino, tavoli d’artigianato rustico e un soppalco (per 10 coperti). Infine, le cantine sottostanti con macine, macchinari e vecchi utensili: un angolo museo per eventi e degustazioni. Sul retro del casale seicentesco -con tre sale e 35-40 coperti- c’è un orto-giardino di 5 mila metri quadrati dove lo chef coltiva verdure e raccoglie erbe spontanee, un progetto in ampliamento. In estate si cena all’aperto, a poca distanza dai filari di aceri che Gigli sta maritando con le viti per ricreare l’agricoltura promiscua e tradizionale che caratterizzava il territorio. Alcuni aceri sono stati ripiantati e bisognerà attendere anni prima che il progetto dell’orto tradizionale arrivi a regime. Nel frattempo, su una parete bianca all’ingresso del ristorante, è in corso d’opera un Diario di Campo: una mappa artistica dell’orto con i semi delle piante che man mano vengono introdotte, disegnati dalla giovane artista Giulia Filippi, che con toni chiari e tocco delicato rappresenta semi di alberi, erbe spontanee, prodotti dell’orto; aggiornandola di stagione in stagione. In cucina Gigli attinge a piene mani da fornitori di eccellenze locali: la carne di manzo dalla macelleria Il Castello di S. Maria degli Angeli, specializzata in dry aging e lunghe maturazioni; la carne di suino dalla “macelleria radicale” Etrusco Carni, che lavora sul venduto e programma le macellazioni; erbe e foraging da La Clarice, di Cannara; il piccione dall’allevatore Franco Tamburini; la farina del Molino Bordoni; l’olio evo da Calvarone, di Spello; i legumi

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