48 Food&Beverage | settembre-ottobre 2023 Da molti mesi ormai un grido di dolore si leva da tutt’Italia. Sono ristoratori e albergatori, ma il problema coinvolge molti altri settori, che cercano personale. Camerieri, lavapiatti, cuochi: c’è bisogno di tutti. Una carestia fortemente accentuata nel dopo Covid che non riguarda solo l’Italia. Quello che viene conosciuto come il fenomeno delle Grandi dimissioni è infatti un problema che va oltre i confini nazionali anche se sulla sua esistenza e dimensioni le opinioni sono discordi. Secondo gli economisti della voce.info, “il fenomeno delle Grandi dimissioni non rappresenta un unicum e l’interpretazione dell’eccezionalità sembra poggiare su basi fragili alla luce dei dati sul periodo precedente alla grande recessione”. Il tasso di dimissioni, infatti, oscilla parecchio negli anni e anche prima del Covid sono stati raggiunti livelli più alti rispetto a quelli attuali. Emanuele Massagli, presidente Adapt, Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali, osserva però che in Italia “si sta registrando una percentuale di posizioni lavorative definite ‘di difficile reperimento’ mai osservata fino a oggi: il 39% delle circa 560 mila opportunità di lavoro che le imprese hanno previsto di offrire a giugno 2022 rischia di non essere coperta da alcun lavoratore, poiché non si trovano persone con adeguata esperienza (69%), non vi sono candidati (16%), coloro che rispondono agli annunci non hanno le competenze adeguate (13%)”. C’è poi il problema dei giovani: “L’Italia è il Paese europeo con il maggiore numero di Neet (Not in education, employment or training, giovani che non studiano e non lavorano): se si analizza la fascia di età 15-34 si tratta di 3.085.000 persone; costoro non lavorano pur essendo diminuita di molto la ‘concorrenza’, non per meriti formativi, ma per accidenti demografici: dal 2002 al 2022 i giovani tra i 15 e i 34 anni residenti in Italia sono diminuiti di 3.051.000 unità, poco più del 20% del dato di inizio millennio. Le Grandi dimissioni dunque esistono? Ni, mentre più certa è la difficile situazione dei giovani. Scendendo, però, nel dettaglio della ristorazione e del mondo del turismo la situazione si fa più complicata, perché entrano in gioco anche altri elementi. Se facessimo un’indagine presso i professionisti del settore sulle cause della mancanza di personale, molto probabilmente il reddito di cittadinanza sarebbe messo sotto accusa. Si tratta di una risposta comprensibile, ma di “pancia”, viziata dal fatto che lo strumento non ha riscosso un grande gradimento tra gli imprenditori. Da quando è stato introdotto, mediamente, il reddito di cittadinanza valeva circa 550 euro ed è stata la stessa Fipe, tramite il vicedirettore generale Luciano Sbraga, a sostenere che “il problema della mancanza di personale non dipende dal fatto che ci sia il reddito di cittadinanza”. I casi e le lamentele degli operatori che ogni tanto leggiamo sui giornali sono solo degli episodi, storie singole da prendere come tali, ma che non descrivono il quadro generale. Ora che il reddito è stato abolito vedremo quali saranno gli effetti sulla ricerca di personale tenendo anche conto che il governo ha varato il decreto flussi che prevede 136 mila ingressi nel 2023, 151 mila nel 2024 e A quanti piace ancora lavorare nella ristorazione? Il problema delle Grandi dimissioni non è solo italiano e non è un evento eccezionale. Il tasso di dimissioni negli anni, infatti, oscilla parecchio. Ciò che colpisce, però, è che, tra gli effetti della pandemia, ma non solo per quello, si registra una forte disaffezione verso settori come quello della ristorazione. Da non sottovalutare gli effetti del calo demografico Francesco Torlaschi INCHIESTE Le chiamano Grandi dimissioni che, tradotto, vuol dire che, soprattutto dopo il Covid, si fa sempre più fatica a trovare personale. Le colpe del settore e la disaffezione verso questo tipo di lavoro
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