63 Food&Beverage | febbraio-marzo 2024 leggiadra chaise longue di spaghetti di toscanissimi fagioli cannellini, adagiati su meringa e crema di mandarino. Anche il frollino di mela annurca, vero gioiello di archi-pastry, tra mele disidratate, a bassa temperatura e quenelle di sorbetto all’uva fragola, evoca profumi di crostate alle mele selvatiche (come quelle usate in casa Nuti) e focacce d’altri tempi: perché, come i boomer ricordano, una volta merende e colazioni erano tutti rigorosamente home-made. Un’operazione nostalgia targata Mugello? Non proprio. “Quella della cucina italiana è un’arte a cui tutti dovrebbero inchinarsi -aggiunge lo chef- anche riguardo alla pasticceria. Ma la nostra cultura del dolce rischia di perdersi: da quanto tempo le mamme festeggiano le feste dei propri bimbi da McDonald’s? Tra vent’anni ci sarà qualcuno che ricorderà le frittelline, le confetture di more, il pane con la marmellata o con lo zucchero? O come me le schiacciate con l’uva fragola? I dolci parlano un’altra lingua: quella dei ricordi, del gusto radicato nelle tradizioni. Ma se a catturare la memoria rimangono i donut finisce tutto. Ecco perché abbiamo una grande responsabilità, quella di continuare a proporre dolci realmente italiani. Anche reinterpretandoli, proprio come si ritocca l’arrangiamento di una canzone. Del resto, i tortellini non si fanno in ogni casa in modo diverso?”. Via libera quindi a leggerissimi tiramisù veneti, realizzati come piccoli panettoni. Ma anche a rivisitazioni romane della cassata, preparata con ricotta e visciole. E perfino alla italianizzazione del gelato fritto cinese, trasformato in una Meteora gourmet e avvolto in morbido biscotto in tempura. È evidente: tali sperimentazioni possono funzionare bene in ristoranti come l’Uliveto del Cavalieri, ma molto meno dietro i vetri delle pasticcerie. Ma il messaggio, forte e chiaro, arriva lo stesso. Il prossimo dolce da riproporre? Nuti non ha dubbi: “Lo zuccotto, prima o poi lo faccio. Ma sarà un Everest da scalare: è semplice e buono già così…”. Nuti racconta che i dolci parlano la lingua dei ricordi e del gusto radicato nella tradizione. Tra quelli che lo chef ama maggiormente c’è, in alto, da sinistra, il Tiramisù, Meteora, rivisitazione del gelato fritto cinese, Cioccolato in consistenza, Una cassata a Roma, preparata con ricotta e visciola. Qui sopra, il Montblanc rivisitato da Nuti e, a sinistra, quello classico; il Frollino di mela annurka e una crostata di mele di quelle che si preparano normalmente in casa. Qui accanto, la Zuppa inglese, che è invece fiorentina, e quella classica a strati presentata nel bicchiere
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