N°152 Febbraio Marzo

86 Food&Beverage | febbraio-marzo 2024 tilia.bz/it/), un cubo di vetro circondato dalla neve d’inverno e dal verde d’estate a Dobbiaco (Bz), utilizza l’orzo del maso Klaudehof. “Il progetto è nato cinque anni fa quando il maso ha deciso di ricoltivare questa antica varietà d’orzo -racconta lo chef- È un orzo grezzo che cucino e servo con la sua buccia. È ricco di vitamine e minerali, per cui un tempo era un piatto unico, che apportava sostante nutritive importanti per l’organismo. Il mio Orzotto con spuma di porcini ed erbe alpine è uno dei piatti più apprezzati al ristorante e lo tengo in carta da cinque anni”. In questo caso l’orzo viene trattato come un risotto, cotto in un brodo di pollo e finito con una spuma di funghi porcini sifonata tiepida, per sprigionare al meglio i profumi avvolgenti e caldi del sottobosco. Sembra, invece, un giardino primaverile il piatto con l’orzo di Mario Maniscalco, chef di Adagio di Almaranto Boutique Hotel (tel. +39 0141.1847040, it.almaranto.it/adagio-ristorante), che a Calamandrana (At) propone una cucina piemontese a filiera corta contaminata da influenze di esperienze precedenti, londinesi e siciliane. “Dell’orzo amo la consistenza del chicco, sorprendente, e la sua versatilità: può essere utilizzato in insalate, zuppe e accompagnamenti ai secondi piatti -spiega- Preferisco comunque trattarlo come un risotto, perché è un cereale che si presta molto alla tostatura e rende il piatto super cremoso. In autunno e in inverno si abbina molto bene con la zucca ma, in ogni caso, sono i vegetali che lo completano”. L’esplicazione nel piatto del suo pensiero è proprio il suo Giardino di orzotto, preparato con un ragù vegetale di carote, broccoli, carciofi, porri, cime di rapa e spinaci, saltati. L’orzotto, cotto in brodo vegetale, viene mantecato con l’olio, completato con il ragù e reso cremoso con una crema di piselli frullati. La polvere di spinaci e quella di barbabietola fanno “sentire” la terra del giardino. ABBINAMENTI Quali vini con l’orzo? Per l’Orzotto con spuma di porcini ed erbe alpine dello chef Chris Oberhammer suggeriamo un’espressione di Schiava dell’Alto Adige, da loro chiamata Vernatsch, meglio se ottenuta da viti vecchie dette Alte Reben. È un vino realizzato da diverse cantine del territorio, spesso da vigne di un’età tra 70 e 100 anni. Durante la vinificazione può maturare in acciaio, oppure in grandi botti di rovere per qualche mese. Perlopiù sono vini che al naso esprimono sentori di frutta rossa e di sottobosco, spesso seguiti da una sfumatura floreale. All’assaggio svelano tannini smussati, un sorso tra il fresco e il sapido, un tocco di sapidità e un finale di buona lunghezza. In alternativa suggeriamo un rosso da uve ciliegiolo, varietà che trova in Umbria, in provincia di Terni, ottime espressioni. La vinificazione viene eseguita spesso in acciaio con brevi passaggi in legno. I profumi spaziano da sentori di frutta rossa seguiti da sensazioni di macchia mediterranea, con lieve speziature e sfumature floreali. All’assaggio sono vini succosi, dai tannini setosi, con una buona acidità e piacevolezza alla beva. Con la seconda preparazione, Giardino di orzotto di Mario Maniscalco, consigliamo un Valpolicella Classico, ottenuto dalle uve tipiche della zona vitivinicola, corvina veronese, corvinone, rondinella. A partire dal naso dominato da note fruttate, come la ciliegia, i frutti di bosco, la prugna, sfuma poi dal sentore floreale della viola a nuance leggere di spezie come il pepe nero. Al palato è caratterizzato da un sorso con un elegante equilibrio fra struttura e corpo, fra morbidezza e freschezza. A questo piatto si sposa bene anche un Chianti Classico, di un’annata recente, ottenuto perlopiù da uve sangiovese in purezza, indipendentemente dalle diverse zone di produzione. I profumi spaziano, in gioventù, dalle spezie alla piccola frutta rossa, al floreale, virando poi al balsamico con il tempo. All’assaggio è asciutto ed elegante, con un sorso vellutato, fresco, piacevole, dalla buona lunghezza. Come il Valpolicella non dominerebbe il piatto, ma ne esalterebbe la piacevolezza (Gio Pirovano) Mario Maniscalco, chef di Adagio di Almaranto Boutique Hotel di Calamandrana (At), ama la consistenza del chicco dell’orzo e lo tratta come un risotto, perché è un cereale che si presta molto alla tostatura e rende il piatto super cremoso. Il suo Giardino di orzotto, è preparato con un ragù vegetale di carote, broccoli, carciofi, porri, cime di rapa e spinaci SFIZIOFOOD

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