N°154 Giugno Luglio

52 Food&Beverage | giugno-luglio 2024 DEGUSTAZIONI Con il progetto da uve carricante e catarratto, Palmento Costanzo interpreta il suolo vulcanico con un vino dall’intenso profilo aromatico e salino. Protagonista della degustazione tenutasi da Uovo di Seppia Milano con i piatti di Pino Cuttaia Barbara Amati Valeria Agosta Costanzo e la figlia Serena hanno raccontato la storia della loro azienda partita con cinque ettari di vigna, oggi diventati 18, che prediligono le varietà autoctone. Il vigneto è diviso in parcelle e si procede con vinificazioni separate per valorizzare e rappresentare al massimo i diversi territori L’avventura è iniziata nel 2009 con l’acquisto di una vigna in Contrada Santo Spirito sulle pendici Nord dell’Etna, a 600-800 metri di altitudine, a Passopisciaro, a Castiglione di Sicilia. Il vulcano sovrasta maestoso e tranquillo, ammiccante con i suoi sbuffi di fumo perenne a ricordare che è sempre lì, in osservazione. E da osservare ha davvero molto, visto come stanno cambiando le terre che lo abbracciano: da luoghi incolti a vigneti rigogliosi, con uve che donano qualità e identità a vini bianchi e rossi grazie alla mineralità dei suoli scheletrici di roccia effusiva e sabbia lavica, suoli che hanno preservato anche le radici dall’epidemia di fillossera di inizio ’900: infatti, l’azienda è costeggiata dalla colata del 1879 e diverse viti hanno 120 anni di età e sono a piede franco. Partita da 5 ettari di vigneto, oggi Palmento Costanzo ne vanta 18 che prediligono le varietà autoctone, dal nerello mascalese al nerello cappuccio, dal carricante al catarratto: vigne ad alberello maritate a pali di castagno su terrazzamenti sostenuti dai muretti di pietre a secco allevate in coltivazione biologica. Al lavoro di risistemazione del vigneto è seguito il restauro conservativo del Palmento di fine ’800, costruito su più livelli, dove ancora oggi si vinifica per gravità utilizzando anche le più moderne tecnologie. A raccontare la storia di questo luogo riscoperto dalla famiglia Costanzo e nato da una visione di ciò che poteva diventare e di ciò che poteva dare, sono state Valeria Agosta Costanzo e la figlia Serena, laureata in Scienze e tecnologie agrarie e specializzata in viticoltura ed enologia all’Università di Montpellier e poi a Bordeaux. Entrata recentemente in azienda, al fianco dell’enologo consulente Nicola Centonze, ha a cuore un progetto sullo studio del terroir: “I versanti e le contrade sono diversi, ma anche all’interno di una stessa contrada ci sono differenze, quindi dividiamo la vigna in parcelle e facciamo delle microvinificazioni -ha spiegato Serena Costanzo- Il nostro obiettivo è quello di valorizzare e rappresentare al massimo i diversi terroir”. Con le loro parole Valeria e Serena Costanzo hanno trasmesso la passione che anima ogni azione e ogni decisione nella produzione di vini che stupiscono per struttura, intensità, mineralità e profumi. E, sostengono, “l’Etna è sempre più bianco”: lo dicono con la consapevolezza che i vitigni a bacca bianca raccontino in maniera sempre più puntuale l’identità del terroir che circonda il vulcano (la Muntagna) sito Patrimonio Unesco, il sesto a essere riconosciuto, e il sesto nella mappa dei vulcani attivi del mondo. Un suolo così particolare offre le condizioni ideali per la piena espressione del profilo aromatico di carricante e catarratto, varietà che Palmento Costanzo interpreta, dal 2012, con il progetto Bianco di Sei, Etna Doc Bianco, protagonista della degustazione tenutasi da Uovo di Seppia Milano. Con il suo vivace naso di fiori bianchi e agrumi, con rimandi di erbe aromatiche e idrocarburi e il palato fresco e persistente, con accenni minerali, Bianco di Sei è l’etichetta che meglio racconta non solo le peculiarità dell’ambiente in cui crescono i vitigni, ma anche le specificità e le contraddizioni che caratterizzano l’andamento di una singola vendemmia il cui fil rouge è la salinità. Da qui la scelta di presentare in degustazione cinque annate: 2022, 2021, 2020, 2019, 2018, puntando sui bianchi che sono la tendenza del momento, come ha spiegato Leonardo Sagna, di Sagna SpA, l’azienda che distribuisce questi vini “che sono sempre più apprezzati in un mercato in cui i bianchi sono in costante crescita. Siamo due aziende famigliari che condividono visione e progetti a lungo termine”. Bianco di Sei è prodotto con uve carricante e il 10% di uve catarratto, “perché crediamo nel caricante e vogliamo rappresentarlo nella sua forma più autentica -spiega Valeria Costanzo- Questo blend matura 10 mesi in acciaio a contatto con le fecce fini e affina un anno in bottiglia; esce a due anni dalla vendemmia”. Bianco di Sei 2022 è un vino teso e brillante, ancora giovane, ma con un grande potenziale di invecchiamento; svela note fruttate e floreali al naso, in bocca ha freschezza e note citrine, mineralità Bianco di Sei racconta i terroir dell’Etna

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