N°156 NOVEMBRE

66 Food&Beverage | novembre 2024 Settimio si trasforma in Da Cesare al Pellegrino ROMA Senza squilli di tromba, e con un po’ di sofferenza, cambiano la proprietà e il nome della storica trattoria romana. Ma rimangono i piatti del cuore e la consueta cadenza settimanale Rossella Cerulli L’insegna, quella storica, battezzata nel 1930, è sempre lì. E continua a campeggiare, con il suo bel corsivo, al numero 117 di via del Pellegrino, a una manciata di passi da Campo dei Fiori. Ma il nome della trattoria è un altro, serigrafato sulle vetrate di ingresso. Perché Cesare, in un passaggio di nomi che più romani non si può, ha dato il cambio a Settimio e alla chetichella ha riaperto i battenti a marzo 2023. Diventando così Da Cesare al Pellegrino. Per quasi un secolo Settimio, agli albori semplice vini e oli, e dal dopoguerra vera trattoria, è stato ritrovo affidabile per più di una generazione di romani e non, seguiti a ruota da bei nomi dello spettacolo, da Paolo Panelli a Vittorio Gasmann a Ugo Tognazzi. Attratti dalla cucina di schietta osservanza degli Zazza, storici patron del locale, prima con Settimio e la signora Ada e con il figlio Mario e la signora Teresa poi. Nel nome della quale gustare, fra i tanti piatti, la celebre minestra broccoli e arzilla (la razza, in romanesco), pescata un tempo alla foce del Tevere, o la pasta al sugo di coda. Ma il tempo passa anche nei locali avulsi dalle mode e dopo 62 anni Mario di andare in pensione non vuole saperne per il timore che un successore trasformi (in peggio) l’attività, offuscandone per sempre valore, fama e tradizione. E qui nel 2021 entra in scena Cesare o, meglio, Leonardo Vignoli, titolare dal 2009 con la moglie Maria Pia di Cesare al Casaletto (dal nome dell’omonima via), trattoria celebre, benché periferica, ormai in ogni parte della capitale. Visto che in poco più di dieci anni Leonardo e signora, dopo molte esperienze all’estero, sono riusciti a conquistare cuore e palato di tutti, grazie ai loro piatti solidi, a base di ingredienti d’eccellenza, usciti dalla migliore tradizione laziale e capitolina. Nel segno, last but not least, di un ottimo rapporto qualità-prezzo. Ritrovo classico per ben più di una generazione di romani, con i grandi nomi dello spettacolo fra la clientela, Settimio, nella nuova versione Da Cesare al Pellegrino, mantiene comunque lo spirito della trattoria tradizionale con gli ambienti che sono rimasti familiari e accoglienti, ma rivisitati in chiave contemporanea A fare da trait d’union tra Leonardo-Cesare e il refrattario padre è il figlio, Settimio jr, che intravede nel titolare del Casaletto l’uomo giusto a cui passare il testimone. L’incontro fra i due, dopo iniziali perplessità di Vignoli, si rivelerà risolutivo: visto che Mario, alla fine, enuncia il fatidico “Sì, a lui la lascio”. Comincia così un periodo di lavori, oggetto di chiacchiere tra i gourmand capitolini: che culmina lo scorso anno in una (silenziosa) riapertura, senza proclami stampa, né inaugurazioni, in perfetto stile Vignoli, da sempre sobrio e defilato fino all’inverosimile. “Cosa ho conservato di Settimio? A parte l’insegna, omaggio a un’attività storica, avviata in un palazzo del ’700, lo spirito di trattoria tradizionale, con piatti certamente non di tendenza, ma di cuore -racconta Leonardo- Infatti ho voluto rispettare la cadenza settimanale introdotta a suo tempo: che prevede il lunedì la minestra di riso con brodo d’indivia, il martedì pasta e fagioli, il giovedì gnocchi, il venerdì spaghetti con il tonno, il sabato la trippa e la domenica a pranzo le fettuccine tirate a mano con sugo degli involtini e abbacchio al

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