È un servizio che negli anni ha assunto un ruolo di rilievo per aziende e player della Gdo, i quali si confrontano con un cliente che cerca rapidità nel consumo, ma con qualità e risparmio. E le confezioni ridotte, così come sono servite oggi, soddisfano pienamente questa esigenza
Stefano Masin
A Milano ci sono addirittura due supermercati che si contendono il primato di punto vendita dei single: l’Esselunga di viale Papiniano e il Pam di via Olona. Ma se, vero o falso che sia, tralasciamo l’aspetto sociale e divertente della notizia, single, così come studenti, pensionati, lavoratori fuori sede, ma anche famiglie che differenziano la spesa in base ai gusti, rappresentano una categoria che da diverso tempo induce distributori e aziende alla realizzazione di confezioni di alimenti in formato monoporzione. Insomma, un business nel business che cresce per soddisfare le esigenze di un consumatore “singolo” sempre più orientato verso prezzi contenuti e un risparmio in termini di spreco. La monoporzione, infatti, pur non essendo conveniente nel rapporto euro/chilo, consente di comprare solo il necessario per il pasto e risparmiare in maniera indiretta evitando sprechi sul lungo periodo. Anche la frenesia del lavoro ha un ruolo in questa tendenza sempre più in aumento. Spesso, infatti, anche i tempi della pausa pranzo si riducono al punto da dover consumare un pasto velocemente, senza allontanarsi dalla scrivania.
Sono diversi i fattori che giocano a favore delle monoporzioni, e proprio per questo motivo questo genere di prodotti è considerato trasversale: arriva, infatti, a toccare quasi tutte le categorie merceologiche presenti sugli scaffali,
anche se i prodotti maggiormente declinati “mono” sono innanzitutto quelli freschi che spesso sono frutto di un “fai da te” del cliente nei banchi frutta e verdura sfusa e nel reparto salumeria o macelleria dove si può avere un taglio e una quantità su misura del prodotto. La monoporzione per eccellenza è comunque rappresentata dai prodotti freschi confezionati che, proprio grazie alla tipologia di packaging, possono essere acquistati in più pezzi e se ben conservati si preservano a lungo mantenendo la freschezza che li caratterizza. Certamente, il prezzo ha un’incidenza differente sulle due tipologie in quanto il preconfezionato ha costi derivanti dalla realizzazione della confezione. Ad esempio, 100 grammi di prosciutto cotto nazionale nella vaschetta saranno per questo motivo più costosi, anche se di poco, rispetto a 100 grammi del medesimo prodotto acquistato al banco salumeria. Così come un chilogrammo di verdura preconfezionato o una confezione di tortellini da 125 grammi. Ma la gamma di prodotti è ampia, si va dagli antipasti ai primi piatti, fino ai secondi e ai dessert, senza contare tutti i prodotti di quarta gamma, ossia frutta e verdura fresche, lavate, asciugate, tagliate, confezionate in vaschette o in sacchetti di plastica e quindi pronte per essere messe in tavola.
“Occorre fare un distinguo tra i prodotti confezionati e quelli freschi -spiega Rossella Brenna, direttore marketing e comunicazione di Unes- Nel primo caso soddisfiamo la richiesta integrando confezioni monodose nell’assortimento a scaffale, nel secondo siamo intervenuti anche sulla parte strutturale dei nostri supermercati dove stiamo sempre più applicando il concetto dello sfuso o del banco, al fine di dare l’opportunità di acquistare ciò di cui realmente si necessita, sia essa una mela e non quattro preconfezionate o un panino fresco, grazie allo sfuso e ai banchi self service. Con queste ultime innovazioni nei nostri punti vendita le vendite incrementano (anziché diminuire) e questo significa che soddisfiamo meglio le esigenze dei nostri clienti”. Lavorare, quindi, su offerta e presentazione prodotti ha un ritorno notevole per i player della Gdo.
“In Billa abbiamo sviluppato all’interno dei nostri punti vendita la proposta Convenience. L’obiettivo è offrire una gamma di prodotti subito pronti, singleserve raggruppandoli in un’unica esposizione nel banco dei freschi -dice Massimo Krog, category coordinator d del Gruppo tedesco- L’esposizione segue il concetto del menu e si suddivide in 5 categorie. La suddivisione è per il consumatore facilmente individuabile grazie al materiale espositivo che con differenti codici colore permette una immediata individuazione delle categorie merceologiche”.
Una tendenza, quindi, in forte aumento ma che si differenzia tra città grandi e piccole in quanto la frenesia e la fretta che caratterizzano le metropoli difficilmente sono riscontrabili anche in piccole realtà e di conseguenza anche le abitudini alimentari subiscono modifiche profonde. “In particolare, abbiamo condotto un’analisi interna sui prodotti della linea Buongiorno Freschezza, riscontrando che nei punti vendita a insegna Iper, La grande I, presenti a Milano, Magenta, Monza e Grandate, il consumo di questi prodotti è notevolmente più alto rispetto alla media di altri siti -rivela Siro Zucca, direttore acquisti freschi libero servizio di Iper- Da ciò si può dedurre che tali punti vendita siano interessati dall’acquisto da parte di consumatori in ‘pausa pranzo’ oppure in trasferta lavorativa, e che abbiano poco tempo a disposizione per effettuare grandi spese”.
La percezione del mercato di diversi player del settore, tuttavia, è che sia una tendenza anticipata dalle metropoli, ma in aumento anche nelle piccole città e nei paesi. Un settore in espansione, quindi, le cui origini provengono dalla necessità di soddisfare un’esigenza del cliente così da fidelizzarlo, ma non solo. “L’idea è quella di acquisire nuovi clienti che cercano prodotti di qualità ma sono attenti a ridurre gli sprechi -spiega Giorgio Santambrogio, direttore generale di Interdis- Inoltre, la proposta è rivolta a un cliente saltuario in un definito momento della giornata, come l’orario del pranzo”. Ma c’è anche da considerare l’ipotesi del recupero del cliente che si è allontanato dalla Gdo per motivi economici avvicinandosi ai negozi di vicinato, realtà in grado di offrire prodotti che propongono porzioni più ridotte. Attraverso le monoporzioni è possibile intercettare questo consumatore e soddisfarne le esigenze.
“Bisogna pensare anche al fatto che ormai i clienti sono ‘circolari’, a seconda delle esigenze si spostano nei vari punti vendita -considera Davide Marcomin, responsabile commerciale freschi di Simply Italia- Le monoporzioni, al pari di altre proposte, servono a ridurre la forbice della ‘non spesa’ e nel momento in cui riusciamo a soddisfare le necessità dei clienti e li mettiamo nelle condizioni di poter completare la spesa nei nostri punti vendita abbiamo centrato l’obbiettivo prefissato anche se, nel caso della monoporzione, il vantaggio economico è meno evidente che in altre proposte commerciali”.
La logica, quindi, che spinge la Gdo a valutare l’inserimento di monoporzioni non è tanto la ricerca di fatturato aggiuntivo, quanto la soddisfazione del cliente. C’è anche da dire che la tipologia dei consumatori che approccia la monoporzione e il momento di consumo sono piuttosto differenziati e variano anche a seconda del contesto urbano in cui è inserito il punto vendita. In una zona residenziale, infatti, sarà più frequente l’acquisto di prodotti monoporzionati da parte di single, piuttosto che di pensionati, i quali li consumeranno, verosimilmente, a cena. In quartieri centrali, dove si concentrano uffici e negozi, piuttosto che in prossimità di Università, il cliente tipo sarà l’impiegato, il professionista e lo studente, i quali utilizzeranno le monoporzioni per il pranzo.
Credits: Lunch atop a skyscraper (Corbis)
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