Più forte, più resistente a malattie e cambiamenti climatici, più profumato, più buono; queste sono solo alcune delle caratteristiche che potrebbe assumere la qualità Arabica in seguito alla scoperta del suo genoma. Un risultato ottenuto grazie all’impegno di illy e Lavazza
Marco Ghedini
Illy e Lavazza alleati in nome della ricerca. Le due aziende, leader nel settore del caffè, hanno sponsorizzato un’importante ricerca che ha portato alla decodificazione del Dna della specie Arabica. Grazie a questo studio, condotto dalle Università di Padova, Trieste e dall’Istituto di Genomica applicata di Udine, con il coordinamento del professor Giorgio Graziosi di Dna Analytica, spin off dell’Università di Trieste, è stato individuato il genoma di Coffea arabica: potrebbe sembrare apparentemente un progetto legato più a una questione di marketing che di effettiva utilità, ma così non è.
Il lavoro ha richiesto alcuni anni e diversi milioni di euro di investimento, esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato, e il risultato, ossia il sequenziamento del genoma di Arabica, ha permesso per la prima volta di decodificare la base genetica di questa specie di caffè (che rappresenta il 70 per cento della produzione mondiale) e di organizzare sistematicamente i risultati ottenuti, rendendoli disponibili per possibili applicazioni agronomiche e industriali. Semplificando, attraverso l’identificazione del Dna del caffè qualità arabica sarà possibile “intervenire” su alcuni aspetti riguardanti la pianta in modo da migliorarne lo sviluppo. Uno su tutti, come ha spiegato il prof. Graziosi, “l’adattamento alle condizioni climatiche e al riscaldamento globale che rappresenta uno dei principali ‘nemici’ della crescita della pianta”. Stesso discorso per quanto riguarda la resistenza alle malattie e alle infezioni, oltre alla sincronizzazione della maturazione dei frutti, ma non solo. Altre possibili ricadute di questa scoperta potrebbero riguardare i valori di caffeina contenuti nel frutto o l’aumento di specifici aromi fino a un vero e proprio miglioramento della qualità nella tazzina.
“Il caffè sta vivendo una stagione positiva -ha affermato Andrea Illy, presidente e amministratore delegato di illycaffè – ma dobbiamo attrezzarci per affrontare le sfide del futuro: la necessità di incrementare la produzione migliorando continuamente la qualità, anche perché il consumo del caffè st a aumentando del 2,5 per cento all’anno, in tutti i Paesi. I risultati della ricerca saranno indispensabili e porteranno vantaggi a tutti gli attori della filiera”. Questa “carta di identità” lunga 140 centimetri e dunque molto complessa, composta da oltre 2,6 miliardi di “mattoncini”, pare quindi poter dare ulteriore slancio a un settore tra i più rappresentativi del Paese. “Il sequenziamento del genoma del caffè permetterà di ‘leggere’ la pianta e di identificarne perfettamente le origini: sarà così possibile offrire agli appassionati del caffè una qualità superiore, basata su criteri oggettivi- ha ribadito Giuseppe Lavazza, vicepresidente di Lavazza. Che ha aggiunto: “Credo nel ruolo e nel dovere fondamentale di mecenate da parte dell’industria italiana per sostenere la ricerca Risorse e idee non possono essere alimentate solo attraverso fondi pubblici, ma dovrebbero essere sostenute in gran parte dai privati”.
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