Da luglio a settembre le vendite di birra sono crollate del 26%, una debacle dovuta al clima estivo incerto e all’aumento progressivo delle accise deciso dal governo Letta. E intanto i consumi, ormai bloccati da 10 anni, si spostano dal ‘fuori casa’ al consumo casalingo, a danno dei pubblici esercizi; secondo Fipe-Confcommercio, infatti, il 12% degli incassi vengono garantiti da questa bevanda, ma si arriva anche al 20% per i bar serali e al 43% per i bar/birrerie
E’ il quadro messo a fuoco in un convegno che ha visto riunita la filiera della birra, con AssoBirra, Confagricoltura, Confimprese e Fipe-Confcommercio, per dire ‘no’ al terzo aumento dell’accisa prevista dal 1 gennaio 2015. Un peso che rischia di mettere in ginocchio un settore che vale 3,2 miliardi, garantisce 136 mila posti di lavoro e conta oltre 200 mila imprese. Se le accise italiane a gennaio anziché aumentare si attestassero a livello di Germania e Spagna, rispettivamente 4 e 3 volte interiore alle nostre, spiega Assobirra, il settore sarebbe in grado di generare 20 posti di lavoro al giorno, 7 mila a fine anno.
”Vogliamo chiedere al governo Renzi – ha detto Alberto Frausin, presidente AssoBirra – di intervenire per bloccare il prossimo aumento delle accise che rischia di dare un ulteriore colpo gravissimo al nostro settore, portando ad una crescita del 30% degli aumenti in 15 mesi, in pratica 1 sorso su 2 della nostra birra la berrà il fisco”. (ANSA).
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