Nel 1963 il magazine Time lo indicò fra i protagonisti del “miracolo italiano”. Sin dall’avvio, ben ottant’anni fa, Santa Margherita Gruppo Vinicolo ha presentato, infatti, caratteri
distintivi, diventando una case history e un esempio della rinascita del Paese nel secondo dopoguerra. Tutto merito del conte Gaetano Marzotto, allora a capo dell’omonimo
Gruppo tessile vicentino avviato agli inizi dell’800 dal nonno Luigi che, nel 1935, rilevò dalla famiglia Stucky una vasta tenuta fra Villanova e Portogruaro (Venezia): mille ettari di
bassa pianura (140 destinati ai vigneti) che si tuffano nel Mar Adriatico.
Il luogo perfetto per realizzare il suo sogno e la sua straordinaria visione imprenditoriale, frutto della grande conoscenza economica maturata nell’industria tessile e in viaggi nei distretti agricoli mondiali. Un polo agricolo innovativo, gestito managerialmente al quale diede il nome dell’amatissima moglie, Margherita- capace di rompere gli schemi tradizionali dell’epoca e in grado di rispondere all’accresciuto fabbisogno di prodotti alimentari attraverso una profonda trasformazione tecnologica, la sistemazione definitiva della componente agricola,
avviando nuove colture e, soprattutto, eliminando il precariato e stabilizzando lavoro e reddito. Gaetano Marzotto fu, infatti, un vero e proprio tycoon, capace di fondere gli obiettivi aziendali alle esigenze dei lavoratori. Così, come accadde a Valdagno attorno agli stabilimenti tessili, operò una straordinaria trasformazione a Villanova, il piccolo villaggio agricolo,
al centro della tenuta originaria di Santa Margherita, caratterizzata da poche costruzioni in pietra (fra le quali la “Casa Rossa” di fine ’600 che ospita il quartier generale del Gruppo Vinicolo) e da vasti tratti paludosi: oltre alla sistemazione idrica vennero realizzati un complesso industriale, le abitazioni per i dipendenti, un asilo, le scuole professionali, una casa di riposo, gli ambulatori medici, diversi luoghi di ritrovo e persino una stazione balneare a Jesolo.
Una sensibilità vera, non di facciata, quella del conte che proseguì negli anni difficili del secondo conflitto mondiale e dell’immediato dopoguerra. Come vero fu il suo fiuto per i vini che consacrò immediatamente alla produzione di qualità. Un’eccellenza enologica che culminerà nella definitiva consacrazione, nel 1961, con il Pinot Grigio, vitigno che Santa Margherita vinificò in bianco. Il successo fu immediato: si aprirono le porte del mercato statunitense, con il quale l’azienda vanta un feeling particolare (e dove rimane tuttora l’icona dei bianchi italiani) dando il via a una nuova generazione di vini che dal Bel Paese conquisterà il mondo.
Da qui la storia di Santa Margherita procede veloce e al nucleo originario di Fossalta di Portogruaro vengono affiancate via via nuove tenute: Kettmeir in Alto Adige, Ca’ del Bosco in Franciacorta, Tenimenti Lamole e Vistarenni nel Chianti Classico, Terrelìade
in Sicilia, Sassoregale in Maremma, Torresella nel Veneto Orientale e Refrontolo nel cuore della Denominazione Conegliano Valdobbiadene dove, sin dal 1952, il Gruppo Vinicolo produce, fra i primi, un Prosecco Spumante metodo Charmat. Tutto questo
senza mai dimenticare la visione del fondatore, un umanista d’impresa che, come pochi altri, fu capace di leggere i trend
dell’economia mondiale. “Siamo rimasti fedeli alle idee e agli ideali di mio nonno da tutti i punti vista, tecnologico, ambientale e sociale, investendo in Italia, dal 2008 a oggi, 100 milioni di euro -racconta l’attuale presidente Gaetano Marzotto- Abbiamo messo a disposizione
degli enologi le migliori attrezzature per preservare al meglio le uve nelle fasi di vinificazione e affinamento.
Inoltre, oggi Santa Margherita ha raggiunto l’autosufficienza energetica grazie a due progetti specifici: una centrale a biomassee un impianto fotovoltaico che comportano un risparmio annuo di 240 tonnellate di anidride carbonica non immesse nell’atmosfera. Senza dimenticare la scelta della piena sostenibilità nei vigneti e l’avvio di una strategia di carbon neutrality. Il tutto producendo quelli che per
me sono i migliori vini del mondo”.
Lungimiranza, tradizione agricola e amore per il vino e la terra si sono tramandate di generazione in generazione e perpetuano
un successo che non è solo famigliare, ma anche dell’Italia intera. Ieri come oggi e come domani. “Se continueremo a infondere ai
futuri Marzotto i valori di nonno Gaetano, sono convinto che anche tra altri 80 anni Santa Margherita sarà una realtà imprenditoriale
leader, fortemente innovativa, ai primissimi posti al mondo per volumi e redditività. Sempre in prima fila nel valorizzare
il made in Italy, avrà un mosaico enologico ancora più complesso e completo che offrirà altri vini di
grande successo come il Pinot Grigio o il Prosecco, o pregiate etichette di nicchia come il Müller Thurgau Athesis di Kettmeir e Lamole di Lamole Gran Riserva Vigneto di Campolungo, perché vogliamo realizzare ancora tanti progetti”. È proprio da questa aspirazione
al futuro, unita alla solida tradizione di famiglia e alla passione che brilla negli occhi dei collaboratori,
lo stesso sguardo del fondatore, che nascerà dunque il vino di domani:
“Non so quale sarà il vino
del futuro, ma so per certo
che sarà Santa Margherita”,
assicura il presidente.
Lascia un commento