Per quattro persone servono 4 ossibuchi alti almeno 4 centimetri e tagliati al centro del girello di vitello perché ci sia la giusta dose di midollo, 60 grammi di burro, 2 cipolle novelle o una bianca, 1 piccola carota
, farina bianca, 1 decilitro di vino bianco secco, brodo di manzo e/o vitello fatto con le ossa
, pepe bianco
, 1 grosso spicchio d’aglio
, la scorza di un limone non trattato (solo la parte gialla)
, un ciuffo di prezzemolo
, sale. Sono gli ingredienti dell’ossobuco alla milanese, piatto della memoria meneghina che ora una confraternita -dell’òssbus, appunto- vuole riportare in auge, facendolo ri-scoprire e apprezzare come quando era popolare nei ristoranti-salotti in cui decenni orsono si incontrava la Milano intellettuale. A prendere l’iniziativa di fondare il sodalizio è l’Accademia delle 5 T, associazione attiva nella valorizzazione e nella salvaguardia del nostro patrimonio agroalimentare, e due ristoratori: Matteo Scibilia, dell’Osteria della Buona condotta di Ornago, e Lino Gagliardi, dell’Antica osteria La rampina di San Giuliano Milanese. Ristorante dove lo scorso settembre si è tenuta la cena inaugurale della confraternita e dove l’òssbus è stato servito come da tradizione, ossia accompagnato da un superbo risotto giallo (alla milanese, of course).
Fanno parte della neonata confraternita, che i fondatori assicurano essere l’unica di carattere enogastronomico a Milano, giornalisti, ristoratori, macellai. Uniti nell’intento, come si legge nello statuto, di garantire la memoria dell’autentica cucina milanese con una particolare attenzione all’ossobuco alla milanese, ma anche di favorirne l’adozione nei ristoranti della città e delle province lombarde e limitrofe. Fra le iniziative della confraternita una serie di cene di riscoperta dell’òssbus. La prossima si terrà il 23 ottobre al ristorante Passone di Montevecchia.
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