I ricevimenti hanno subito una radicale trasformazione, riducendo le lunghe maratone sedute. Via libera a feste moderne in piedi dove il cibo è protagonista anche dal punto di vista scenografico. Una nouvelle vague dei banchetti firmata dai grandi chef
Bianca Zille
Dinner party addio? Non sempre. Resistono le cene in abito da sera, quelle del dress code black tie, con gli arredi sontuosi e le tovaglie di sartoria, ma a sorpresa spuntano i guerrilla gourmet parties: ricevimenti improvvisati, in cui si mangia standing up e la cui organizzazione viene affidata a mani esperte in fatto di arte del ricevere. E, così, la classica cena placé servita alle otto cambia forma, adeguandosi alle nuove esigenze grazie ai professionisti del catering (dal verbo inglese to cater e significa “prendersi cura di…”), gli angeli custodi che evitano che un invito a cena o una festa possa trasformarsi in una condanna alla prigione, con il rischio di mangiare troppo, bere di più e fare un bagno di tedio.
Lo sa bene la famiglia Cerea del tristellato Da Vittorio di Brusaporto (Bg) che di società di catering ne ha ben due: la Da Vittorio Srl (che esiste dal ’66) e la Vi Cook Srl, la “seconda linea” che si occupa di pranzi collettivi, nata nel 2007. Chiamati a “cucire su misura” eventi in tutto il mondo, i Cerea hanno fatto scuola nell’arte del ricevere. Dal privato che chiede l’impossibile, alle feste più glam e più importanti del pianeta, come il banchetto per la Regina Elisabetta nel 2000 a Milano, loro sono sempre “sul pezzo”, mettendo la massima cura in ogni minimo dettaglio. Quasi dei “chirurghi” dell’accoglienza, più che semplici professionisti del catering. “Ascoltiamo semplicemente la nostra clientela -spiega Francesco Cerea, da 26 anni in giro per il mondo per accontentare i più esigenti- Nei matrimoni russi, ad esempio, i camerieri sono vestiti rigorosamente di bianco, con scarpe e abiti cuciti su misura. Recentemente a Istanbul abbiamo festeggiato un compleanno speciale per il Gruppo Zegna, appoggiandoci al Marmara Hotel. Funziona così: facciamo un sopralluogo quattro o cinque giorni prima, capiamo il contesto, prendiamo in loco parte del personale, che istruiamo in un briefing, anche per vedere se parlano un buon inglese, e poi diamo spazio alla nostra fantasia. In questo caso abbiamo organizzato una festa molto italiana e abbiamo addirittura servito i nostri Paccheri alla Vittorio. Perché la tendenza è portare la tradizione del Belpaese all’estero, come piace a noi. E come piace molto anche ai nostri clienti”. Party esclusivi in ville private, eleganti feste in palazzi storici, come la sala delle cariatidi a Palazzo Reale di Milano o a Palazzo Grassi a Venezia. La forza dei Cerea è il sapersi plasmare a ogni ricorrenza. Come è successo a St Moritz dove, per un facoltoso indiano, hanno servito ben quattordici portate tutte a base di verdura e legumi. Un successo. “La nostra consulenza è richiesta a Hong Kong, in Kazakistan, in Perù -continua Francesco Cerea- Ci troviamo a fare cose interessanti e sempre diverse, che vanno dalla richiesta di un calice di Champagne e caviale alla cena kosher a Venezia. Il bello è che ti devi improvvisare ogni volta, devi essere il ‘MacGyver della situazione’. Ma questo è possibile anche grazie ai magazzinieri, agli autisti. Con loro riusciamo a mettere in piedi le cucine in qualsiasi luogo. E poi, certo, ci sono i sommelier, i barman, i camerieri. Quindi una grande forza operativa alla base, da non sottovalutare”.
Food stylist
Il catering è un settore professionale che ha da tempo raggiunto la maturità per dialogare con i protagonisti della gastronomia italiana e internazionale, dando voce a coloro che firmano la scienza, la tecnica e l’arte dell’apparecchiare e del ricevere: dai grandi chef ai maestri delle decorazioni floreali, dagli allestitori a tutti coloro che contribuiscono alla riuscita di un importante evento. Non di rado possono intervenire addirittura degli architetti che si ingegnano sulle migliori soluzioni. Inoltre, ci sono veri e propri studi di marketing e comunicazione per l’allestimento di un “portfolio di piatti”. E qui entrano in gioco i food stylist, per la composizione e creazione dei vassoi: scaloppe di foie gras spadellato, invitanti monoporzioni dolci e salate, salumi di qualità serviti al coltello, ottimi vini e Champagne per brindare all’euforia gastronomica del Terzo Millennio. “Il menu in un catering cambia in funzione al numero di ospiti, dunque propongo piatti del cui risultato sono sicuro anche per molte persone, pur non cucinando magari in un capannone o in un castello -spiega lo chef Enrico Cerea- Non proporrò mai, ad esempio, degli Spaghetti all’astice con la burrata per 200 invitati: è più congeniale una pasta corta o un gnocchetto, una pasta ripiena o un buon riso”.
Nel catering, insomma, ognuno ha i suoi trucchi. Danilo Angè, ad esempio, chef consultant e cuoco a domicilio, ha deciso di giocarsi la carta dell’ironia: le morbide mousse di tonno o salmone le serve di fronte ai commensali riempiendo con un sac à poche dei simpatici conetti ricoperti di semi di papavero. Una sorta di gelato salato, che da anni è uno dei suoi pezzi forti, quasi un trademark. Impegnato in lezioni di cucina in varie scuole, dall’alberghiera Medegliani ad Altopalato, da Kitchen a Joint Chef e Cuciniamo, al momento il suo cervello inarrestabile è dedicato allo sviluppo di ricette con le attrezzature per la cottura a bassa temperatura. “Seguo qualche catering, ma solo per chi mi conosce -spiega Angè- Mi chiedono di organizzare cene e corsi a domicilio, con piatti riconoscibili e con una moderata creatività, senza troppi estremismi. È questa la tendenza attuale”.
Se c’è quindi chi preferisce “cantare da solista”, dall’altra parte ci sono le vere e proprie “macchine da guerra” culinarie, i giganti abituati a fare gruppo, strutturati sotto il profilo degli organismi, degli investimenti e con un servizio impeccabile e di alto livello. Una squadra di professionisti che deve però avere un caposquadra per lavorare in sinergia. Anche perché l’Italia ha mille piazze, mille situazioni, mille ambiti, dove un catering può portare il suo know how, per interpretare quel determinato luogo e creare dal nulla un evento unico. “Il mondo del catering è una delle grandi espressioni della creatività e della flessibilità italiana -ammette Marco Reitano, sommelier de La Pergola di Roma- E il portare un abbinamento di grande sapienza culinaria in un ambiente storico e artistico è un esempio della nostra capacità di interpretare al meglio le situazioni. Ma non necessariamente gli chef famosi sono bravi nel catering e quelli meno conosciuti sono piccoli. Perché il catering mette a contatto con un mondo completamente differente, che ha dimensioni diverse. Spesso i cuochi stellati decidono di intraprendere anche questa strada perché nel loro ristorante hanno al massimo 40 coperti, mentre con il catering possono raggiungere più persone. Coloro, invece, che non hanno un ristorante, ma che fanno solo ricevimenti si devono continuamente evolvere puntando su qualità e creatività”.
Feste su misura
Il catering, in fondo, è esattamente un’interpretazione di luoghi e di gusti. Come un sarto che si adatta alle situazioni. Come una collezione d’haute couture che porta in tavola fibre, tessuti e colori diversi. E, nel piatto, può essere paragonata a una sorta di sfilata d’alta moda commestibile, con pietanze uniche, quasi irriproducibili per tecnica e precisione e, come la moda, anticipatrici delle tendenze future. Il prêt-à-porter della gastronomia, insomma, che attinge alle tendenze delle prossime stagioni. Di certo aiuta il fatto che l’Italia è una nazione ricca di cultura gastronomica, dalla quale le griffe del cibo possono prendere a grandi mani per dar libero sfogo alla loro creatività. Così sta ritornando di tendenza il recupero di eccellenze “fatte a mano”, con prodotti che narrano la storia di un territorio: le marmellate, i formaggi, i salumi, le olive, i funghi, i carciofini, i peperoncini farciti, i pomodori secchi… un itinerario che tocca le regioni del Belpaese, da nord a sud, per culminare con le rarità delle sue isole, come la bottarga, i filetti di acciughe e di tonno più pregiati, la palamita. Una geografia pittoresca di odori, colori, saperi e sapori spesso molto antichi.
Così, Simona Giacomini, di Assaporando Banqueting – Food For Events di Feletto Umberto, in provincia di Udine, da alcuni anni ha intrapreso la strada della tradizione, ma con un twist glam: “Tendiamo sempre a proporre i nostri prodotti, a enfatizzarli, a renderli unici. Sono piatti comunque poveri, del contadino, ma cerchiamo di dare loro quel tocco e brio in più per renderli glamour”. Nella mappa dei suoi sapori non è raro quindi trovare mini ciotole di terracotta con cipolle dolci ripiene di formaggio di malga in camicia di speck di Sauris cucinate al forno, prosciutto di San Daniele in morsa tagliato a vista, filettino in saor carnico, il toc in braide (una polentina con cremoso di formaggio e foie gras, oppure funghi estivi, asparagi o ricotta affumicata) e lecca lecca di saporitissimo frico croccante con patate ed erbe. “Ormai non si mangia perché si ha fame ma perché si vuole giocare -continua Simona- Quindi è bello scoprire e apprezzare ciò che si trova. Per cui, ecco il cibo servito nei mini vasetti della marmellata, oppure i lecca lecca di frico… Certo, è un gioco di qualità e di livello, ma è anche un divertimento, anche se qui da noi è difficile, perché si predilige la tradizione e, dunque, si opta ancora per il classico catering, la vecchia tradizione. Ma, pian piano, anche in Friuli riusciamo a introdurre l’aspetto ludico del finger food e del cibo”.
Della stessa opinione anche Pietro La Torre de La Torre Catering di Canicattì (Ag). Inaspettatamente anche la tradizionalissima Sicilia ha messo al bando le enormi quantità di cibo servite durante matrimoni, cresime e battesimi, a favore di una soluzione più dinamica e variegata. “Iniziare con un finger food esagerato è sbagliato, perché poi la gente avanza tutto -ammette La Torre- A tavola, a cena, si sta un’ora al massimo. In Sicilia gli invitati amano stare al buffet per l’antipasto e per i dolci. Ci rendiamo conto che le persone, ormai stressate, non hanno più l’entusiasmo di stare sedute. Noi stiamo valutando, infatti, di fare esclusivamente un servizio a buffet, per evitare la tortura di stare a tavola per tre o quattro ore. Oggi si gusta l’emozione del cibo e non le grandi quantità: e meno si sta seduti, più ci si diverte e ci si gode il catering”.
Sembra proprio che per il catering non ci sia una legge sovrana, ma che viga la regola del “Paese che vai, usanza che trovi”. Uno dei più noti indirizzi fiorentini del gusto, Convivium Firenze, che spesso le maison di alta moda utilizzano in occasione di Pitti Firenze, ha abbracciato la tendenza delle “cene standing” a base di prodotti tipici: “Si può costruire un menu che comprenda il gustoso pane toscano, che ricorda i sapori antichi di quando le donne lo estraevano dal forno e con uno spazzolino di saggina lo ripulivano dalle impurità eventualmente attaccate alla crosta, e poi aggiungerci quelle meravigliose forme di pecorino e caprino -afferma Paolo Provvedi, proprietario di Convivium Firenze- E poi ci sono le nostre specialità gastronomiche, che serviamo in piccole monoporzioni”. Molte le famiglie nobili fiorentine, dagli Antinori ai Frescobaldi, dai Corsini ai Gondi e ai Mazzei, che da sempre si rivolgono a lui per i loro ricevimenti più importanti. “Siamo abituati a lavorare in situazioni diverse in cui tutto deve essere perfetto: dal cameriere che serve con la mano dietro la schiena all’apparecchiatura della tavola, sempre in sintonia con il gusto del committente. La cosa più importante è abbracciare il loro stile, la loro filosofia personale”.
Tante e diverse, dunque, le possibilità, soprattutto in fatto di menu, ma nel futuro del catering la tendenza sarà sempre più quella di una cucina haute couture: negli aperitivi in piedi via libera a finger food abbinati a mini drink, a piccoli assaggi di piatti della tradizione rivisitati, dal Risotto alla milanese con ossobuco alla Caponata di verdure, alle zuppe, nuova riscoperta, alle polente, impreziosite da crostacei o foie gras, alle verdure e alle tartare; nelle cene sedute di scena ai sapori e ai prodotti del territorio, in particolare quelli da cui proviene il catering; infine, nei buffet dei dessert, torna protagonista il cioccolato con praline, dolci al cucchiaio e tortine.
L’occhio vuole la sua parte
Sono comunque i dettagli a fare la differenza. Magari in armonia con le stagioni. “Per rappresentare la primavera, ad esempio, abbiamo pensato a un tavolo di ferro grande e quadrato -precisa Liana Monti Cladesi de La Fenice Catering di Faenza (Ra)- E in mezzo la natura che si risveglia, che dà qualcosa di nuovo, con il colore”. Mentre per Angelo Tondini di Le Gourmet di Sumirago (Va) il pastello sta tornando di gran moda, qualsiasi sia la stagione: “Verde, rosa, salmone. O i colori scuri, come il marrone. E poi il Tiffany, molto in voga, ma difficile, perché è un colore molto deciso e importante -spiega Tondini- E poi tanta natura: un fiore di loto, un runner marrone, per chi ama le fibre naturali. La posateria è d’argento, mentre le sedie sono trasparenti, per dare una nota di modernità. E, infine, le candele con i portacandele in plexiglass trasparente, per rendere più caldo il tutto. Il dettaglio fashion? I tovaglioli posizionati al centro del piatto e chiusi da un bottone, per dare un messaggio sartoriale. Una mise en place perfetta, ad esempio, per un evento post-sfilata di moda”.
L’importanza dei particolari, dunque. Ma anche il piacere di rompere le regole, come succede nel Sud Italia, ad esempio, in bilico tra tradizione e un tocco di modernità. “In Sicilia, in tema di colori c’è uno stile che è sempre uguale a se stesso -chiarisce Pietro La Torre di La Torre Catering di Canicattì- Piace sempre tanto il total white. Perché da noi il mondo del catering è soprattutto quello dei matrimoni. E 550 coppie su 600 scelgono il lino e il cotone, tutto in bianco. Noi, poi, cerchiamo di accenderlo con il colore, magari dei bicchieri o con una corona di fiori”.
Nel mondo del catering, è proprio il caso di dirlo, è l’abito a fare il monaco. Che sia un ricevimento formale o un buffet tra amici, gli accessori e il primo impatto sono fondamentali. Quali gli errori dunque da evitare? Centrotavola sì o no? E, meglio una pianta o un scultura? La tendenza è per le decorazioni “vive”, come muschio, fiori, cortecce o ramoscelli intrecciati che ricordino i boschi e la natura. Una società di catering deve essere in grado di esprimere la propria creatività sia culinaria, sia scenografica, inseguendo l’espressione di una modernità del carattere e del gusto dell’arte tutta italiana di abitare gli spazi. Così, Orti e Commenda di Milano ha mischiato la materia per l’evento Ceramiche da indossare, in cui il food ha preso la forma stessa delle terracotte. Mentre lo studio The.Sign&FoodHouse di Ivana Carmen Mottola sfida gli ospiti creando un’atmosfera-gioco, unendo arte e design, perché il cibo e il setting sono elementi che fanno parte dell’atmosfera sensoriale. Non da meno il fiorentino Galateo Ricevimenti di Simone Arnetoli che vanta all’attivo nientemeno che le nozze della Regina D’Olanda, diverse cene di gala di Ermanno Scervino e l’inaugurazione di Cantina Antinori a Bargino (Fi) a ottobre 2012. Infine, La Fenice di Faenza è riuscita nell’impossibile: contro ogni condizione atmosferica avversa e una location difficile come l’accademia Navale di Modena ha deliziato 1.300 ospiti per l’evento Mark P. 100, nel 2012. E, se in Italia ci sono più di 2 mila società di catering (cresciute negli ultimi anni del 36 per cento), si evidenza un canale in salute e in forte espansione: la battaglia all’ultima forchettata è ufficialmente aperta.
Nelle foto alcuni allestimenti firmati dal catering stellato del Da Vittorio
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