Una carne succulenta, tenerissima, dal gusto dolce e molto particolare, ben riconoscibile. E’ la Wagyu, il celebre manzo giapponese codificato da rigidi protocolli produttivi, che dal 19 al 25 settembre il Park Hyatt di Milano propone al Mio Bar: l’executive chef Andrea Aprea, infatti, l’ha declinato in tre piatti nei quali la cultura gastronomica regionale italiana si confronta con questa straordinaria materia: Carpaccio di Wagyu, porcini, Parmigiano 36 mesi, Aceto Balsamico 25 anni; Wagyu scottato, crescione, cipolla rossa e sanape; Tagliata di Wagyu, caponata di verdure, vinaigrette alla menta. L’iniziativa è frutto di un accordo con il ministero dell’Agricoltura nipponico che ha scelto Aprea e il Park Hyatt Milano per promuovere il Wagyu originale, a dispetto dei molti luoghi nei quali si cita il Kobe Beef o il manzo giapponese, ma raramente si tratta di carne proveniente dagli allevamenti certificati.
Wagyu è una varietà di manzo giapponese, le più famose delle quali sono state geneticamente selezionate per avere carni intensamente marmorizzate, ovvero per produrre una elevata quantità di tessuto ricco di grassi insaturi che tendono a distribuirsi e lasciare striature simili a quelle del marmo nello spessore delle masse muscolari, anziché nello strato peri-muscolare e sottocutaneo, come normalmente accade. Questa caratteristica rende la carne di Wagyu particolarmente saporita, tenera e costosa. Controllato dalla nascita al piatto, schedato con l’impronta del naso, l’animale è trattato come il cucciolo di casa (ogni vitello ha un nome, viene allattato manualmente, riscaldato nei mesi rigidi) e ingrassato fino a 700 chili. Vi sono diverse aree del Giappone specializzate nell’allevamento di questi bovini, ciascuna delle quali dà il proprio nome agli animali e alla carne che produce. Tra gli esempi più famosi vi sono il manzo di Kobe e quelli di Matsusaka, Ōmi e Sanda. Il manzo di Kobe è diventato sinonimo di “manzo di alta qualità”, perché Kobe è stato il primo porto ad aprire agli stranieri (nel 1869) che hanno potuto assaggiare questa carne diffondendone la fama all’estero.
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