Amore e morte. Libertà e costrizioni. Eleganza frigida della forma (e delle formalità) e forza erotica del cibo. In “Io sono l’amore”, il registra palermitano Luca Guadagnino intreccia un melodramma viscontiano sull’alta borghesia milanese. Sullo sfondo interni fastosi, neve che cade, cene sublimi e tracolli dinastici.
Con sguardo raffinato, il regista osserva l’universo “congelato”, dalla neve e dalle ipocrisie affettive, dei Recchi, nota famiglia di industriali tessili. Rinchiusa nella prigione dorata di Villa Necchi Campiglio di Milano (gioiello architettonico ora del Fai, costruito negli anni ‘30 del ‘900 da Piero Portaluppi, ndr) c’è Emma (Tilda Swinton), l’esotica e “assente” padrona di casa, intenta a rimanere in equilibrio come una funambula sui fili illusori di una vita “truccata”.
Fino a quando Antonio (Edoardo Gabbriellini), giovane cuoco poco avvezzo al compromesso, squarcia l’atmosfera rarefatta della villa. Antonio, “colui che è l’amore”, rianima e riscalda il cuore di Emma amalgamando ingredienti che sanno di vita.
La forza vitale e sensuale del cibo (che qui miscela emozioni, passione, sogni e identità, intesa anche come, provenienza, terra di origine) è rappresentata dalle ricette di Carlo Cracco, consulente gastronomico del film, che ha ospitato nella sua cucina l’attore Gabbriellini. (Al momento delle riprese era presente sul set Diego, il “terzo” di Cracco che ha realizzato i piatti, ndr)
Due le ricette clou “Gamberi di Capo Margherita con caponata di verdure in salsa agrodolce” (il piatto che conquista Emma) e “Melanzana e fiore di sambuco” (con il quale il cuoco Antonio sintetizza la sua estetica culinaria e la sua ricerca interiore).
“Ho cercato di entrare nei personaggi – ha detto Cracco – per capire meglio quella che era la loro interiorità, quali erano le loro aspirazioni. Mi sono chiesto: che cosa desiderano queste persone? Che cosa li emoziona? D’altra parte è la stessa cosa che faccio ogni volta che un cliente si siede al mio ristorante, cerco di entrare nella sua psicologia, nella sua anima, per proporgli quel piatto e quell’esperienza che in quel preciso momento lui può desiderare. La cucina è soprattutto comunicazione, perché attraverso di essa può avvenire la magia dello scambio, che lega le persone e le unisce attraverso questo filo sottile e magico che è il cibo. In alcuni casi le avvicina, come quando ad esempio Emma fa la zuppa per il figlio Edo oppure quando Antonio cucina per Emma, in altri casi invece può allontanarle, come nel caso del padre di Antonio che non gli premette di creare piatti particolari”.
Un film che smaschera la messinscena e la menzogna della natura umana. Che appaga gli occhi (e il palato) degli osservatori golosi del bello. E che insegna che l’unica possibilità di redenzione è l’amore.
Io sono l’amore (2009)
di Luca Guadagnino
Durata: 120 minuti
F. P.
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