N°151 Dicembre

72 Food&Beverage | dicembre 2023 Il Castello di Fighine cattura occhi e palato TOSCANA Un angolo gourmand nel senese dove lo chef Francesco Nunziata, allievo di Heinz Beck, propone una cucina di mare e terra con buona presenza dei vegetali. In più c’è la carta delle acque e quella dei sali Marco Gemelli Il Castello di Fighine, borgo senese affacciato sulla Val d’Orcia, di proprietà della famiglia sudafricana Ulfane che l’ha restaurato e riportato a nuova vita. Il ristorante omonimo vanta una stella Michelin da una decina d’anni Ci sono ristoranti “di confine”, territorialmente ibridi, divisi da un punto di vista geografico tra diversi retaggi, ma che nonostante ciò -anzi, forse proprio grazie a tale circostanza- in grado di mantenere una propria identità senza diluirsi tra le diverse appartenenze. È il caso del Castello di Fighine, nell’omonimo borgo del senese a poca distanza dal confine con l’Umbria e allo stesso tempo non così distante dall’alto Lazio. Il castello e buona parte del borgo circostante appartengono alla famiglia d’origine sudafricana Ulfane, con i coniugi Max e Joy arrivati in Toscana insieme alle figlie Melissa e Janine alcuni lustri fa: con un’importante opera di restauro, hanno restituito al borgo senese con vista sulla Val d’Orcia il suo fascino originario. Se il borgo conta cinque ville e due appartamenti arredati dai designer di fama internazionale David Mlinaric e Hugh Henry, in grado di accogliere 34 ospiti, punta di diamante della struttura è però il ristorante Castello di Fighine. Da ormai una decina d’anni il ristorante viene premiato dalla Guida Michelin con una stella -grazie anche alla consulenza di uno chef come Heinz Beck che nel corso del tempo ha portato a Fighine alcuni dei suoi allievi più promettenti- ma forse sono ancora troppo pochi i gourmand passati da questo angolo di Toscana. Da ormai due anni la cucina del Castello è nelle mani dell’executive chef campano Francesco Nunziata, classe ‘87, originario di Nola (Na), ma da quasi quindici anni cresciuto sotto l’ala del tristellato chef tedesco (insieme da La Pergola ad Attimi by Heinz Beck sia a Roma, sia a Milano, infine al Cafè Le Paillotes). Insieme a lui, a gestire i venti coperti, c’è la sommelier Marta Baldelli. La carta del Castello di Fighine prevede opzioni di terra e di mare in ogni partita, con una buona presenza dell’elemento vegetale (non a caso l’orto vicino funge da ispirazione per lo chef e rifornisce molte erbe). Due i percorsi degustazione: uno da cinque portate a 125 euro e uno da sette a 145, che riprendono i piatti nel menu, ma non disdegnano qualche fuori programma stagionale. Uno dei dettagli più apprezzabili, nell’impostazione del ristorante stellato, è la presenza di diverse carte che accompagnano l’ormai consueta offerta di pani e grissini e dei distillati a fine pasto. Se ormai a certi livelli non c’è da stupirsi nel trovare una carta dei caffè o dei tè e delle tisane, non è altrettanto usuale incontrare una carta delle acque e una dei sali: la scelta è tra il bianco di Cervia, il rosa australiano, l’affumicato danese e il nero cipriota. Il percorso dello chef Francesco Nunziata parte con un antipasto di Foie gras con mandorle e nespola, dove i contrasti non sono mai eccessivi, tra l’acido del frutto e la grassezza del fegato. Si prosegue con una Ricciola marinata con avocado e salsa agli agrumi; il piatto viene completato al tavolo e sancisce il ruolo dell’ortaggio come protagonista: nelle diverse forme e consistenze in cui è proposto assurge a un ruolo tutt’altro che secondario, pur non relegando nell’ombra la ricciola. Lo chef è campano e -parafrasando in chiave partenopea un antico detto secondo cui “puoi togliere un indiano dall’India, ma non l’India da un indiano”- un richiamo alle sue origini non poteva mancare. Lo si trova nei Tortelli ripieni di genovese: su una base di grano

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