N°152 Febbraio Marzo

62 Food&Beverage | febbraio-marzo 2024 Arduo compito quello del pasticciere. Perché, buoni ultimi, i suoi piatti si palesano sempre dopo svariate portate. Se poi la tavola parla italiano l’impresa si fa spesso impossibile, per motivi di sazietà raggiunta. Lo sa bene uno che di dolci (e di gastronomia in generale, essendo stato sous chef) se ne intende. E cioè Dario Nuti, toscano superdoc cresciuto nella campagna fiorentina tra orti e fornelli, in una famiglia dal piglio artistico del Mugello “dove c’era poco da fare e tutti cucinavano”. E da dove anni fa ha spiccato il volo per approdare prima al Four Seasons Hotel di Firenze e poi, nel 2011, come capo pasticciere all’Imago di Francesco Apreda dello storico Hotel Hassler di Roma. Fino a diventare nel 2018 executive pastry chef del Rome Cavalieri Waldorf Astoria Hotel. Da allora a oggi Nuti, dei dessert, si è fatto un’idea ben precisa: e cioè che per raggiungere lo scopo (quello di essere mangiati) debbano vantare -anche- identità e storia. Di tutto rispetto. “Il dolce non si mangia per fame, si desidera”, spiega lo chef, da febbraio 2023 nominato anche ambasciatore Apei (Ambasciatori pasticcieri dell’eccellenza italiana). “Ecco perché, oltre ad aspetto e gusto gradevoli, deve sapere anche emozionare. Rivelando, insieme ai sapori, componenti astratte riconducibili alle sue origini”. E sparsi qua e là tra i campanili, torte e budini della Penisola hanno tante storie da raccontare. Peccato, però, che da qualche anno folle di cheesecake, brownies, donut e pancake di estrazione yankee abbiano appannato l’allure dei dolci di casa nostra. Relegandoli nella credenza del bel tempo andato. Ma l’italianità, secondo questo chef toscano (che non a caso ha scelto di non lavorare all’estero) passa anche per la pasticceria. Perché quindi non riproporre in carta, reinterpretandoli, popolari dolci italianissimi? Detto fatto ecco, prima inter pares, la zuppa inglese, sui cui natali dibattono da sempre gli storici. “C’è poco da dire, la zuppa inglese è nata nell’800 in Toscana, anzi, a Firenze -sottolinea lo chef- quando la governante di una famiglia inglese si ritrovò a preparare un dolce simile al trifle, con biscotti imbevuti di alcol e ricoperti di crema pasticcera. Ma siccome non aveva il liquore originale della ricetta, utilizzò l’alkermes, fin dal Rinascimento noto come il liquore dei Medici. Il cui preparato fu messo a punto da un frate domenicano dell’Officina di Santa Maria Novella. L’alkermes è indiscutibilmente di Firenze: come può allora la zuppa inglese non essere nata qui? Io stesso ho alkermes nelle vene…”. La versione secondo Nuti rispecchia il look del celebre dolce. Che servito in origine in bicchieri (o zuppiere) in vetro è racchiuso oggi in un contenitore di zucchero trasparente (“si devono vedere i colori, no?). All’interno del quale ammicca una spuma di crema pasticcera, insieme a grouè croccanti al cioccolato. E il famoso alkermes? Tutto nella ghirlanda rossa di pasta sigaretta, a corona finissima della zuppa mignon. Rivisitato poi il sabaudo (e transalpino, il Bianco è sul confine) montblanc: dove l’impegnativa matassa di purea di castagne lascia il posto a una più Rossella Cerulli L’executive pastry chef del Rome Cavalieri Waldorf Astoria Hotel, Dario Nuti, da febbraio 2023 è anche Ambasciatore dei pasticcieri dell’eccellenza italiana (Apei). È convinto dell’importanza dell’italianità anche nella pasticceria, quindi ripropone in carta, reinterpretandoli, dolci popolari della nostra tradizione, come il Fondente di cioccolato, sopra Il pastry chef del Rome Cavalieri Waldorf Astoria Hotel vuole un tocco di sovranismo anche per torte e dolci insidiati da cheesecake e brownie. Via dunque a tiramisù e alla cassata in versione romana CHEF Dario Nuti, l’alfiere della pasticceria italiana

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