N°152 Febbraio Marzo

66 Food&Beverage | febbraio-marzo 2024 PERUGIA Alla periferia del capoluogo umbro si trova una delle mete gourmet più interessanti dell’Italia centrale premiata anche dalla stella Michelin. Qui lo chef supera brillantemente la barriera tra carne e pesce Marco Gemelli Marco Lagrimino in cucina e Nadia Moller in sala guidano il ristorante che ha conquistato una stella Michelin. L’acciuga è uno degli ingredienti prediletti dello chef a cui piace proporre un pesce povero, ma ricco di qualità. Negli antipasti si trovano piatti che spaziano dal Cilento a Siracusa. Qui sopra, Risotto in brodo di fieno e camomilla con formaggio Magnus di pecora e fondo di sedano rapa Oggi è considerato uno dei protagonisti nel piccolo rinascimento gastronomico umbro, attestato dal significativo aumento delle stelle Michelin assegnate nella regione: il suo ristorante L’Acciuga, alle porte di Perugia è diventato una delle mete gourmet dell’Italia centrale. E dire che sono passati appena sei anni da quando per la prima volta il nome dello chef Marco Lagrimino si affacciò sulla piazza enogastronomica, aprendo -insieme alla compagna di sempre Nadia Moller- il Momio, nell’Oltrarno fiorentino. Da allora tante cose sono cambiate, e il percorso dello chef laziale si è spostato prima all’Osteria del Castello di Volpaia e poi (più o meno all’inizio della pandemia) in Umbria. Ciò che non è cambiata, ma al massimo si è evoluta, è la mano felice dello chef classe 1985, a suo agio nel trasformare la materia prima in maniera gentile e complessa al tempo stesso, senza stravolgerla, ma proponendola in una chiave mai banale grazie ad accostamenti cercati nel territorio o fuori dal mainstream. A dargli man forte Nadia, che arricchisce la sala con immutato garbo. L’Acciuga non è un locale ordinario, da più punti di vista. Intanto per la posizione in sé: non accade molto spesso, infatti, che la Guida Michelin premi con la stella ristoranti situati in una zona cittadina non certo privilegiata. Si trova in periferia, con le auto che sfrecciano a poca distanza, ma va dato atto a Marco e Nadia di aver saputo superare questa contingenza. Poi è singolare la struttura che, tanto all’esterno quanto all’ingresso, richiama atmosfere marinare e suggestioni vacanziere -dall’angolo bar alle divise di sala, dal pavimento in assi di legno fino al cordone del corrimano e al colore bianco dominante- proprio nell’unica regione italiana (insieme alla Val d’Aosta) non bagnata dal mare. Originalità nei dettagli, quindi, che si ritrova anche nei piatti di Marco Lagrimino. Sia in quelli della carta (antipasti e primi da 25 a 27 euro, secondi da 37 a 40 euro, dessert a 15), sia quelli dei due menu degustazione: i loro nomi -Conoscersi (5 portate a 80 euro) e Fidarsi (7 portate a 95 euro) sono in fondo gli stessi dei tempi del Momio, a riprova che certi frammenti del passato è bene continuare a portarli con sé. Tra gli antipasti c’è anche quell’acciuga in cui Marco e Nadia hanno intravisto il paradigma della propria ispirazione: pesce povero, sì, ma ricco di qualità. Viene proposta in una selezione che va dal Cilento a Reggio Calabria e Siracusa con pane all’avena, giardiniera e burro montato. Dopo l’amuse bouche in cui spiccano le Carote alla Viterbese, antica ricetta medievale che prevede marinatura nelle spezie, il percorso de L’Acciuga parte con la Trota marinata con sale e zucchero accompagnata da barbabietola, le sue uova e kefir affumicato. Piatto fresco, delicato e aromatico, con una punta d’intensità quando le uova finiscono sul palato. Come alternativa, tra gli antipasti, non mancano le due varietà di zucca (la butternut e la mantovana) e altri elementi (olio, semi e succo) La gentilezza di Lagrimino nei piatti de L’Acciuga

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