N°152 Febbraio Marzo

76 Food&Beverage | febbraio-marzo 2024 della carenza di manodopera e delle politiche sulla salute relative al consumo di alcol. Emerge dal Business Report 2023 della ProWein di Düsseldorf realizzato dall’Università di Geisenheim a fine 2023 con un sondaggio tra oltre duemila esperti del settore di tutta la filiera, dai produttori di vino dei più importanti Paesi vitivinicoli d’Europa e d’Oltreoceano, a esportatori, importatori, rivenditori di vino specializzati e rappresentanti del settore della ristorazione e dell’industria alberghiera. La redditività del settore è compromessa dal forte aumento dei costi che ha pesato sui bilanci di quasi tutte le aziende, sia di produzione, sia del commercio, e dalla diminuzione dei consumi, dettato dal calo di potere d’acquisto delle famiglie. La maggioranza delle aziende ha reagito cercando di ridurre i costi di produzione e aumentato i prezzi, tendenza che proseguirà, e questo ha generato un calo di vendite; eliminando vini non redditizi, adeguando il portafoglio prodotti puntando ai vini base per aumentare il fatturato, mentre i segmenti medi e premium sono rimasti stabili. Hanno intensificato l’attività di marketing e vendita e rimandato gli investimenti non urgenti. Il report, tuttavia, dà anche una previsione di crescita dei vini della fascia premium che riescano ad esprimere alta qualità, regionalità, reputazione e storytelling e indica l’importanza per il futuro del coinvolgimento dei giovani. In questo quadro macroeconomico sfavorevole e con la produzione italiana ai minimi storici, è vitale alzare il valore unitario dei propri prodotti e allargare la platea dei mercati di destinazione. Mai come oggi, però, la concentrazione delle esportazioni in pochi Paesi -Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Canada e Giappone insieme valgono il 56%- è un problema. Nel 2023 l’export del vino italiano in questi Paesi ha avuto un calo tendenziale del 4,4% in volume e del 7,3% in valore, per 4,45 miliardi di euro (dati analisi Uiv su base doganale). Fa eccezione la Germania, che chiude l’anno a +7% per effetto però del boom di ordini di vino sfuso (+16%). Particolarmente negativo, anche a causa di un eccesso di scorte detenute dai distributori, il mercato negli Stati Uniti (-13% a volume), ma anche in Canada (-11%), Giappone (-11%) e Uk (-9%). In contrazione, nonostante l’aumento dei costi di produzione, il prezzo medio (-3%), per effetto della crescita import di vini sfusi (+9%, dove però i listini crollano a -11%) e grandi formati (+6%) e al contestuale minore impatto di prodotti imbottigliati (-7%) e spumanti, in calo dell’11% nei volumi, unica tipologia a crescere nel prezzo medio (+5%). Tuttavia, il 2023 si è rivelato negativo, e non solo per il vino italiano, ma per tutti i Paesi produttori, anche per il la necessità degli importatori di smaltire le scorte oltre che per la congiuntura. L’import globale di vino dei cinque top buyer ha chiuso infatti a 16,9 miliardi di euro, il 7,5% in meno sull’anno precedente, con i volumi a -6,7%. Il principale Paese esportatore, la Francia, si è attestata su un trend volumico ancora peggiore rispetto all’Italia (-10%), ma meno deficitario in termini di valore (-5%). Quanto alla relazione tra vino e salute e alle politiche relative, il settore oppone oltre alla cultura del consumo moderato diffusa nei Paesi storicamente produttori anche i numeri. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) il vino rappresenta oggi solo l’11,7% dell’alcol complessivamente consumato nel mondo, il 44,8% è imputabile agli spirits e il 34,3% alla birra. SPECIALE Francia e Italia producono molto meno vino rosso di un tempo e la produzione vede oggi sette dei primi dieci Paesi produttori situati fuori dall’Europa. Il dato corrisponde a uno spostamento del mercato che vede diminuire la richiesta nei Paesi continentali e aumentare in Sud America e Asia

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