78 Food&Beverage | giugno-luglio 2024 ITINERARI Una tazzulella di caffè talvolta cambia la vita. In Thailandia, nelle terre dell’ex Triangolo d’Oro, ai confini con Laos e Birmania, dove un tempo si coltivava l’oppio, l’attività di interi villaggi contadini è stata trasformata dall’introduzione dell’Arabica: piccoli chicchi profumati hanno preso il posto dei papaveri, ormai da anni. Nel 1987, infatti, la principessa madre Srinagarindra avviò progetti educativi per i bambini, programmi di reinserimento per gli adulti, promosse il ripristino dell’ambiente insieme alla lotta contro la droga e i narcotrafficanti. Doi Tung Coffee è uno dei marchi thailandesi simbolo della riconversione agricola del nord. Oltre che per una buona tazzina di caffè, il villaggio di Doi Tung merita una visita per i meravigliosi giardini Mae Fah Luang, ricchi di piante esotiche e coloratissime decorazioni floreali, all’interno di un parco che include la Villa Reale della Regina Madre (doitung.org/home.php). Ma è nel villaggio di Mae Suai che si entra nel vivo della produzione di una grande cooperativa di caffè equo e solidale, la Doi Chaang Coffee (doichaangcoffee.com), un’azienda con connessioni in Canada. Il direttore è Panachal Phisailert, figlio del fondatore della coop, Pikor Phisailert, che a fine anni Ottanta riunì intorno al progetto una quarantina di famiglie delle minoranze cinesi Akha e Lisu, arrivate nel nord della Thailandia durante gli anni della Rivoluzione culturale di Mao e dell’avvento della Repubblica Popolare Cinese. “Le famiglie riunite da mio padre cominciarono a coltivare 500-600 ettari di piantagioni di caffè, ma per la mancanza di collegamenti stradali e dei ribassi applicati dai distributori delle città, che ci dimezzarono i prezzi, il tentativo si rivelò un disastro e si decise di eliminare le piante e pensare ad altre coltivazioni -ricorda Panachal- Ma queste ricrescevano e nel frattempo il re Rama IX, che aveva promosso studi microclimatici sui terreni per capire quali coltivazioni si adattassero meglio alle nostre colline, spronò mio padre Pikor a perseverare con il caffè e a coinvolgere altri terreni e tribù cinesi dello Yunnan e di varie minoranze trasferitesi qui da noi. Poi le vendite migliorarono e fu realizzata la prima strada sterrata”. Oggi la Doi Chaang Coffee è una cooperativa di grandi numeri: vi lavorano 1.200 famiglie su 30 mila ettari di piantagioni di varietà Arabica su terreni statali dati in gestione ai contadini. Produce 3.500 tonnellate di caffè l’anno, in parte esportato in Canada, Giappone, Singapore, Indonesia. In Thailandia si trova in tantissime caffetterie e negozi in franchising. Se nel resto del Paese lo stipendio mensile si aggira sui 4.800-6.000 bat (123-154 euro) -il doppio a Bangkok- le famiglie che lavorano per la cooperativa sono impegnate a tempo Massimiliano Rella Thailandia terra di sapori e di caffè solidale L’ex Triangolo d’oro della droga ora coltiva l’Arabica e per le strade di Bangkok si trova cibo bello agli occhi, stuzzicante al naso e saporito in bocca. Il regno dello street food Una volta famosa per la produzione dell’oppio, la Thailandia oggi si dedica alla coltivazione dell’Arabica. Così si sono formate cooperative di caffè equo e solidale. Sopra, Attit Komendrutkun, barista del Nanglae Coffe House, una premiata caffetteria che usa caffè a marchio Alama, da loro stessi prodotto in una piantagione della provincia di Chiang Rai
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