N°154 Giugno Luglio

I primi cinque centimetri di terreno ospitano il 90% della biodiversità. Una risorsa da salvaguardare che oggi è a rischio. In Europa il 60% delle terre è degradato. Il ruolo del cambiamento climatico Clementina Palese VERITÀNASCOSTE Cibo sano e in quantità con la tutela del suolo Nei Paesi ricchi del mondo parliamo della qualità delle materie prime agricole, basilare per la salute, buona cucina e ristorazione. Altrove, invece, la questione si gioca sul produrre o meno derrate alimentari. Le due situazioni sono accomunate dalla diffusa ignoranza circa il ruolo e il valore inestimabile del sottile strato superficiale che ricopre gran parte della crosta terrestre. A dipendere dal suolo sono produzione di cibo per il 95%, sicurezza alimentare, biodiversità, tutela degli ecosistemi e contrasto al global warming, peraltro concausa del suo degrado con alluvioni e siccità, quindi desertificazione. E, ancora, fenomeni connessi come erosione, inquinamento, salinizzazione, agricoltura poco attenta alla sua conservazione e consumo di suolo -molto importante in Italia- che sottrae superfici all’agricoltura. Nei primi cinque centimetri il terreno ospita il 90% della biodiversità del Pianeta in termini di organismi viventi che sono in grado di regolare i nutrienti indispensabili per le colture. Inoltre, rappresenta un serbatoio globale di carbonio, riduce le emissioni di anidride carbonica e di altri gas a effetto serra, contribuendo ad aumentare la resilienza al cambiamento climatico, oltre a purificare e regolare le acque. È chiaro che si tratta di una risorsa non rinnovabile che va tutelata, visto che per formare un solo centimetro di suolo fertile ci vogliono dai cento ai mille anni. Tuttavia, è stato necessario un secolo di ricerche per capire che non si tratta di un substrato invulnerabile, ma di una risorsa finita e delicata, da difendere non solo nell’interesse dell’agricoltura, ma anche per la conservazione delle foreste e dell’acqua. Secondo i dati presentati al Simposio scientifico internazionale per il Centenario della Iuss (Unione internazionale delle scienze del suolo), in Europa, circa il 60% dei suoli è degradato, con un costo per la collettività di oltre 50 miliardi di euro l’anno. Oltre il 33% di quelli del Pianeta è affetto da forti limitazioni per la produzione di alimenti. Ogni mezz’ora si perdono 500 ettari, con ricadute significative a livello ambientale ed economico: 75 miliardi di tonnellate di suolo coltivabile in meno ogni anno a livello mondiale costano una perdita di produzione agricola enorme e in termini economici circa 400 miliardi di dollari. Il degrado del suolo corre veloce: la salinizzazione -cioè l’accumulo di sali che lo rende inospitale per la vita e ne compromette la funzionalità- sta interessando non più solo i Paesi del Nord Africa, ma anche il Sud Italia, la Grecia e vaste aree dell’Oriente e anche il centro della Romania, dell’India e molte altre zone impensabili fino a due decenni fa. Con 11 milioni di chilometri quadrati di estensione (il 7% di tutte le terre emerse e il 20% dei suoli irrigati) e un tasso di crescita del 7-10% negli ultimi decenni, i suoli salini costano circa 27 miliardi di dollari all’anno in termini di perdita di prodotti agricoli. 96 Food&Beverage | giugno-luglio 2024

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